PRATO, LA CENA NON PIACE AI DETENUTI DEL CARCERE: ED E’ RIVOLTA. FERMA PRESA DI POSIZIONE DEL SAPPE: “SUBITO INTERVENTI URGENTI PER LE CARCERI”
Permane altissima la tensione nel carcere di Prato, dopo la rivolta di ieri di alcuni detenuti.
Come spiega Francesco Oliviero, segretario regionale per la Toscana del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria, “nel tardo pomeriggio di ieri, nella Casa Circondariale di Prato, un gruppo di detenuti ubicati nella 2^ Sezione, cosiddetta Ex Art. 32, ha messo in scena una forma di rivolta all’interno della sezione detentiva. Gli stessi si sono muniti di spranghe di legno e macchinette da caffè inserite all’interno di calzini, minacciando il già esiguo personale di Polizia in servizio. La folle protesta è scaturita dopo le lamentele di alcuni detenuti che non gradivano il vitto fornito dell’amministrazione. I detenuti hanno saccheggiato la Sezione, rompendo qualunque cosa gli capitasse a portata di mano come telecamere, finestre e le varie suppellettili in dotazione alla Sezione”.
“Solo grazie al professionale intervento dei colleghi in servizio, supportati dal personale intervenuto dall’esterno e della caserma, la situazione e tornata alla normalità dopo alcune ore di mediazione”, prosegue Oliviero, che però denuncia: “questa volta nessuno si è fatto del male, ma non si può andare avanti così. La situazione nel penitenziario pratese, già denunciata dal Sappe, è seriamente preoccupante”.
Impietoso il giudizio di Donato Capece, segretario generale SAPPE: “così non si può andare più avanti: è uno stillicidio continuo e quotidiano. In pratica, ogni giorno nelle carceri italiane succede qualcosa, ed è quasi diventato ordinario denunciare quel che accade tra le sbarre. Le carceri sono un colabrodo per le precise responsabilità di ha creduto che allargare a dismisura le maglie del trattamento a discapito della sicurezza interna ed in danno delle donne e degli uomini della Polizia Penitenziaria. Importante è però evidenziare che solamente l’intervento del personale di Polizia Penitenziaria è riuscito a riportare la calma a Prato e solamente la prontezza e professionalità del personale intervenuto ha evitato un epilogo ben più drammatico”.
“La cosa più grave che emerge da questa ennesima rivolta”, prosegue Capece, “è che nulla l’Amministrazione riesce a porre in essere per eliminare queste lotte tra bande in cui potrebbe anche avere epiloghi peggiori. Ormai questi “giochi di potere” sono all’ordine del giorno, alla pari di luoghi malfamati come le banlieue francesi dove vige la legge della giungla. Tale situazione di immobilismo da parte dell’amministrazione penitenziaria sta mettendo a dura prova il lavoro della Polizia Penitenziaria, tanto che come SAPPE stiamo decidendo di dare vita a breve ad eclatanti azioni di protesta per manifestare il proprio disagio lavorativo”. Per questo, il leader del SAPPE “auspica in un celere intervento di questo Governo sulle continue aggressioni al personale oramai all’ordine del giorno”. E si rivolge in particolare al Capo del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria Giovanni Russo: “Al Capo DAP Russo rinnoviamo l’invito ad incontrare il SAPPE per affrontare i temi che sono nelle sue competenze, cioè i detenuti, malati psichiatrici, riorganizzazione istituti, media sicurezza. Ma chiediamo anche l’immediata applicazione dell’articolo 14 bis dell’ordinamento penitenziario, che prevede restrizioni adatte a contenere soggetti violenti e pericolosi. Sarebbe opportuno dotare al più presto la polizia penitenziaria del taser o, comunque, di altro strumento utile a difendersi dalla violenza di delinquenti che non hanno alcun rispetto delle regole e delle persone che rappresentano lo Stato”. Per questo, il primo Sindacato della Polizia Penitenziaria non esclude clamorose forme di protesta dei poliziotti: “perché ormai il tempo delle interlocuzioni è finito: in questi ultimi anni ci siamo recati in ogni istituto di pena del Paese, per adulti e minori, abbiamo pazientemente ascoltato il personale, abbiamo scritto e riscritto alle varie Autorità competenti, ma ci rendiamo conto che chi di dovere non ha ancora intrapreso le iniziative che abbiamo richiesto e che ci aspettavamo”.