In riferimento alla decisione della Lyondell Basell di chiudere uno dei due impianti attivi nello stabilimento di Brindisi, con gravi ripercussioni occupazionali che vedrebbero 47 esuberi, cioè l’anticamera del licenziamento, trasferimenti di altri lavoratori in altri poli produttivi del nord Italia e nessuna speranza di dare occupazione ai lavoratori che sono in somministrazione, la Confesercenti della Provincia di Brindisi, sempre attenta sull’evoluzione socio-economica del territorio di competenza, manifesta la sua profonda preoccupazione riguardo alla situazione critica che sta coinvolgendo il complesso industriale olandese, che potrebbe ripercuotersi pesantemente sul tessuto sociale della città.
La comunità imprenditoriale e lavorativa del territorio brindisino e del capoluogo in particolare, insieme a numerosi attori del settore, sia pertanto unita nell’affrontare le sfide che la crisi di Basell sta generando. Le sorti dei lavoratori che hanno ricevuto, non per loro responsabilità, la lettera di licenziamento, destano grande preoccupazione, rappresentando un danno notevole per un territorio già colpito nel corso di questi anni da crisi industriali di questo genere. Confesercenti auspica che l’azienda, che ha dichiarato la scarsa competitività nel mercato del settore chimico, possa dar vita ad un piano di rilancio dello stabilimento brindisino che ne assicuri la sostenibilità economica, investendo in produzioni innovative e compatibili dal punto di vista ambientale, contribuendo così alla crescita sostenibile del territorio.
“Esprimiamo la nostra grande preoccupazione – dichiara il presidente provinciale Confesercenti Michele Piccirillo – riguardo al potenziale impatto devastante che queste scelte aziendali potrebbero avere sull’economia cittadina. In un sistema economico delicato e sempre più compromesso, è fondamentale diversificare l’economia locale, in modo da ridurre gli eventuali impatti negativi sul territorio susseguenti alle difficoltà contingenti di alcuni settori economici. Confesercenti auspica pertanto che si mettano in atto azioni e programmi per una transizione naturale verso una fase economica meno dipendente dall’industria, salvaguardando sempre il livello occupazionale, e più incentrata su altri settori economici, come agricoltura, turismo, commercio, ecc, anche in prospettiva di un’apertura dei mercati e degli scambi commerciali con l’altra sponda dell’Adriatico”.