La Stagione 2023-24 del Nuovo Teatro Verdi di Brindisi si apre così, con due signori del palcoscenico come Lino Guanciale e Francesco Montanari, protagonisti de “L’uomo più crudele del mondo”. Appuntamento lunedì 20 novembre – ore 20.30 – al Teatro Impero (il Verdi è indisponibile per lavori di efficientamento della struttura) con una première dal forte impatto emotivo, una vera eccellenza della drammaturgia italiana. La serata vede la partecipazione di Enel in veste di sponsor ufficiale. I biglietti sono disponibili presso il botteghino del Verdi, aperto dal lunedì al venerdì – ore 11-13 e 16.30-18.30 – e anche online alla pagina rebrand.ly/LinoGuancialeInfo 0831 562 554 e botteghino@nuovoteatroverdi.com.

Lo spettacolo, in una scenografia essenziale, nella quale fa capolino una scrivania in un ufficio poco illuminato, quasi claustrofobico, mette in scena un’intervista immaginaria, a fine giornata, tra un giornalista e un imprenditore. Un uomo molto conosciuto, considerato il più crudele del mondo, proprietario della più grande azienda di armi d’Europa e un anonimo giornalista di una testata locale. Sembra questa la storia da raccontare, un uomo da sconfessare davanti alla sua crudeltà e alle sue malefatte. Il dialogo inizia come una danza. Il giornalista, indagando l’ambiente, rompe il silenzio: «È un ambiente insolito per uno del suo calibro – dice –, una stanza così disadorna». Ma forse una scrivania e tre libri sono tutto ciò che serve per comprendere l’intimo di un uomo. Tre tomi poggiati sulla scrivania: la Bibbia, testimone delle questioni morali e spirituali; un classico di Dostoevskij, esplorazione della psicologia umana e del tormento dell’esistenza; infine un libro illustrato per bambini, potente promemoria dell’innocenza e della memoria che non deve svanire.

In una scenografia che si serve della semplicità per suscitare suggestioni profonde, il gioco di luci e ombre avvolge lo spettatore e lo trascina in un thriller psicologico: sul palco si consuma una serrata battaglia dialettica, un confronto di personalità, un intreccio di gesti e di scelte morali tra l’uomo ritenuto il più crudele e l’interlocutore, portavoce della coscienza comune. Mentre l’imprenditore si rivela un abile stratega, capace di dominare la scena con un’aura di calcolata premeditazione, il giornalista appare genuino, irretito dal gioco di luci e ombre delle parole. Il dialogo invita a riflessioni inaspettate, segue traiettorie nascoste e risvolti imprevedibili, offre pochi conforti e colpisce con una crudeltà disarmante. E mentre stimola la mente alla riflessione, soffoca il giudizio precipitoso, perché è la verità dei due contendenti a prendere il sopravvento. La verità anticipa il giudizio battendolo sul tempo.

Il regista gioca con desideri inconfessabili e le deviazioni che ne derivano, tra cui la cupidigia, i vizi e l’erotismo. L’industriale, accumulatore di ricchezze e morte, è il mostro incarnato, eppure il giornalista si cala nel gioco, ammaliato dalla suggestione del denaro. «Per una notte dimentichiamo il bene e il male, per una notte siamo feccia, siamo liberi di raccontarci. Siamo mostri prigionieri dei nostri corpi», dicono all’unisono. Due uomini che scardinano ogni barriera, che sovvertono ogni convenzione per scavare nella radice dell’esistenza, nel luogo nel quale convivono da sempre il bene e il male. Lo spettacolo mette a nudo, elimina il superfluo come fa il teatro, trasformando ogni spettatore in una solitudine assorta alla scena. «La crudeltà – spiega l’autore nel suo testo, che è anche un libro – è un profondo atto di condivisione. Eh sì, basti pensare a tutti i più grandi genocidi di massa, eventi folli, che hanno tuttavia financo creato aggregazione».

Il finale è repentino, aspro, definitivo, e lascia lo spettatore senza fiato. Sulla scena i due interpreti si fondono in un duetto fisico, volteggiando come se sfidassero la legge di gravità e riempiendo lo spazio di energia autentica. Attraverso dialoghi che a prima vista appaiono senza logica, ci portano gradualmente a una verità più grande. Alla fine uno dei due dovrà morire, ma non è l’epilogo che ci aspettiamo. La vera crudeltà prende forma con il passare del tempo, si compone pezzo dopo pezzo, rimane latente in una stanza segreta e mentale, fino al momento in cui, infine, può manifestarsi in tutta la sua esplosiva potenza.