Continuano intanto le mobilitazioni da Nord a Sud, continuano le proteste degli infermieri italiani, che ci condurranno allo sciopero del prossimo 5 dicembre, fianco a fianco con i sindacati dei medici.


 Continuano su tutto il territorio nazionale le mobilitazioni di protesta degli infermieri del Nursing Up, mentre si avvicina la data dello sciopero, annunciato da noi ufficialmente per il prossimo 5 dicembre. 

L’obiettivo è ben chiaro, esordisce Antonio De Palma, leader del Nursing Up: denunciare ancora una volta alla collettività che questo sistema sanitario, così com’è, non solo non è più affatto a misura dei professionisti dell’assistenza, ma prima di tutto non lo è per la collettività, la cui tutela della salute è seriamente a rischio nel momento in cui la tolleranza  degli infermieri e delle ostetriche viene messa ogni giorno a dura prova.

La finalità dei sit-in è quanto mai concreta: sensibilizzare i Prefetti, affinché intervengano sui Governi regionali,  per arrivare alle aziende sanitarie un messaggio forte e chiaro: basta essere spremuti come limoni! Basta inghiottire bocconi amari! 

Non è un caso, continua De Palma, che il Nursing Up abbia stipulato un Protocollo di Intenti con i medici di Anaao Assomed e Cismo-Fesmed: per la prima volta, nella storia recente, professionisti dell’assistenza e camici bianchi incroceranno le braccia nello stesso momento, il prossimo 5 dicembre, in quello che si annuncia come uno sciopero dove l’unità di intenti è la parola d’ordine, seppur nel rispetto dei differenti ruoli, allo scopo di salvaguardare la salute dei cittadini, in un sistema sanitario che necessita di una doverosa e radicale ricostruzione.

Appare chiaro che né il testo della Manovra, né la Relazione Tecnica, riportano ancora oggi alcuna cifra in merito alla reali risorse che saranno destinate a infermieri e ostetriche, e l’unico riferimento rimane quello dichiarato dal Ministro Schillaci lo scorso 17 ottobre in audizione al Senato: ovvero 2.400 milioni per tutti i contratti della sanità pubblica, pari all’80% dell’incremento del Fsn 2024, ripresa dalla Corte dei Conti in audizione in Commissione Bilancio.

Cosa succede? Le nuove recenti indagini Ocse confermano le allarmanti stime della NaDEF, ovvero che va scemando pericolosamente anche la qualità della sanità italiana rispetto agli altri paesi europei.

Gli investimenti per il settore sanitario sono decisamente sotto la media dei paesi Ocse, è un dato di fatto, sia come spesa pro capite che in rapporto al Pil. La nuova edizione del rapporto Health at a glance dell’organizzazione, che fotografa lo stato del sistema salute nei paesi aderenti, non contiene (troppe) buone notizie per l’Italia.

In particolare per l’aspettativa di vita alla nascita: scivoliamo al nono posto dal terzo della precedente edizione con una media di 82,7 anni insieme al Lussemburgo. Siamo sopra la media Ocse, che è di 80,3 anni, ma davanti a noi ci sono Giappone (84,5 anni), Svizzera (83,9), Corea del Sud (83,6), Australia (83,3), Spagna (83,3), Norvegia (83,2), Islanda (83,2) e Svezia (83,1).

Il quadro è desolante: si abbassa l’aspettativa di vita per i cittadini italiani perché si abbassa la qualità stessa della nostra sanità. E come può esistere reale qualità in un sistema sanitario di un Paese con infermieri in fuga all’estero, con dimissioni volontarie a raffica, con laureati in infermieristica in netto calo e con una professione che perde sempre di più appeal?

Come si può pensare alla parola rinascita senza la valorizzazione dei professionisti dell’assistenza? Chi gestirà il fabbisogno crescente di cure di una popolazione che viaggia sempre più verso l’invecchiamento?

Non è possibile che il Governo continui a brancolare nel buio o peggio ancora a far finta di nulla. Insomma della serie: la coperta è corta e le risorse sono drammaticamente poche.

Noi, da parte nostra, non siamo disposti ad arretrare rispetto alle nostre istanze. La battaglia è quindi appena cominciata, e se necessario, la porteremo sino ai tavoli del rinnovo contrattuale 2022-2024», chiosa De Palma