Sanità, Nursing Up De Palma: «Dopo i pugni, dopo gli schiaffi, dopo i calci, dopo i tentativi di strangolamento, ecco le minacce di morte e le urla di odio contro gli infermieri. Accade all’ospedale di Catania. I numeri delle violenze ai danni del personale sanitario sono drammatici (oltre il 70% delle vittime tra gli infermieri sono donne). Fin dove dovremo arrivare? Fin dove le istituzioni si spingeranno nell’ignorare che ogni giorno viene violato il sacrosanto diritto alla tutela della nostra incolumità fisica nei luoghi di lavoro?»


De Palma: «Oggi, 25 novembre, oltre tutto. ricorre la giornata internazionale per l’eliminazione della violenza sulle donne, un fenomeno complesso e di grande diffusione.Un pensiero va a tutte le nostre donne, e in particolare modo, in questo caso, alle nostre infermiere vittime ogni giorno di violenze fisiche e psicologiche nelle corsie di un ospedale».


 «Se una minima parte della collettività nutrisse ancora qualche dubbio circa la reale situazione che affligge da tempo i professionisti dell’assistenza in Italia, ma abbiamo la consapevolezza che sia l’esatto contrario, e che i cittadini ci siano invece quanto mai vicini e comprendano fino in fondo il nostro disagio, non ci sarebbe che da aprire ogni giorno i siti web e le pagine di cronaca dei giornali locali per farsi una idea dettagliata della drammaticità in cui siamo, nostro malgrado, coinvolti.

E mentre gli infermieri del Nursing Up continuano nelle loro proteste da Nord a Sud, per confidare che i prefetti facciano leva sui governi regionali e sulle aziende sanitarie per sperare di voltare finalmente pagina, nell’avvicinarsi allo storico sciopero del 5 dicembre prossimo, sono proprio i fatti di cronaca a confortare tristemente la nostra rabbia e la nostra frustrazione.

Qui non si tratta solo di una valorizzazione economico-centrattuale lontana anni luce, con retribuzioni che ci collocano sempre agli ultimi posti d’Europa, qui non è solo una questione di turni massacranti, di ferie saltate a Natale e Capodanno e di una voragine di personale che ricade come un pesante macigno, ogni giorno di più, sulla qualità dell’assistenza.

In gioco ci sono, e non è certo una novità, il nostro diritto sacrosanto ad una incolumità psico-fisica in luoghi di lavoro che dovrebbero essere dediti solo ad esclusivamente alla cura dei malati e che invece si trasformano in campi di battaglia».

Così Antonio De Palma, Presidente Nazionale del Nursing Up.

«L’ultimo vergognoso episodio ci conduce all’ospedale Cannizzaro di Catania dove, una donna, in preda ad un vero e proprio raptus di follia, in evidente stato di agitazione, non solo ha aggredito due infermieri ma li ha anche minacciati di morte.

La donna sarebbe stata bloccata e denunciata a piede libero dagli agenti del commissariato in servizio sul posto, ma doverose riflessioni fanno capolino nella nostra mente, subito dopo lo sgomento iniziale.

Fin dove dovremo arrivare per renderci conto che, fin qui, le istituzioni, troppo poco hanno fatto, è evidente, per arginare il fenomeno delle violenze contro il personale sanitario», continua De Palma?

I dati aggiornati al 2022 sono drammatici. 

Le aggressioni (fisiche e/o verbali) sul posto di lavoro colpiscono in media in un anno un terzo degli infermieri – la categoria professionale più numerosa in assoluto del Servizio sanitario nazionale e della Sanità in generale -, il 33%, circa 130mila casi, con un ‘sommerso’ non denunciato all’INAIL di circa 125mila casi l’anno. Il 75% delle aggressioni riguarda le donne, le nostre infermiere in servizio.

Ad oggi, rispetto ai casi denunciati, ce ne sono 26 volte di più, circa 125.000, non registrati.

Ancora più grave è che per il 75% sono violenze che coinvolgono donne e che nel 40% circa dei casi si è trattato di violenze fisiche.

Oggi, 25 novembre, oltre tutto. ricorre la giornata internazionale per l’eliminazione della violenza sulle donne, un fenomeno complesso e di grande diffusione. Un pensiero va, quindi, a tutte le nostre donne, e in particolare modo, in questo caso, alle nostre infermiere vittime di violenze fisiche e psicologiche nelle corsie di un ospedale, dice ancora De Palma.

Siamo di fronte a vere proprie aggressioni che hanno lasciato il segno: il 33% delle vittime è caduto in situazioni di burnout e il 10,8% presenta danni permanenti a livello fisico o psicologico. Nella maggioranza dei casi gli aggressori sono i pazienti e i loro parenti.

Nel quinquennio 2018-2022 il 37% dei casi è concentrato nell’Assistenza sanitaria (ospedali, case di cura, studi medici), il 33% nei Servizi di assistenza sociale residenziale (case di riposo, strutture di assistenza infermieristica, centri di accoglienza) e il 30% nell’Assistenza sociale non residenziale. 

Al Nord si registra quasi il 60% degli episodi, Lombardia ed Emilia Romagna le regioni più colpite. Negli ultimi cinque anni, il 29% delle aggressioni riconosciute dall’Istituto è avvenuto nel Nord-ovest, seguito dal Nord-est con il 28%. Nel Mezzogiorno si concentra un quarto dei casi (13% al Sud e 12% nelle Isole) e il restante 18% nel Centro. Lombardia ed Emilia Romagna sono le regioni più colpite, con oltre 250 casi all’anno ciascuna, mentre Veneto, Sicilia, Piemonte, Toscana, Lazio e Liguria registrano più di 100 casi l’anno. Si tratta prevalentemente di contusioni e distorsioni, in particolare alla testa e agli arti superiori, arrivando a ferite o fratture nel 16% dei casi.

Siamo di fronte ad una vera e propria piaga sociale, ad un triste fenomeno di mala cultura, ad un cancro che per essere estirpato ha bisogno del sostegno di tutte le parti in causa. In primis i cittadini devono comprendere che non siamo, noi infermieri, i nemici contro cui combattere. 

Ora siamo arrivati, drammaticamente, anche alle minacce di morte, non bastavano i pugni, i calci, i graffi, i tentativi di strangolamento. E certe volte sentirsi minacciati nella propria incolumità fisica, vedersi scaricare addosso urla di odio, certamente ingiustificate, può essere anche peggio di un’aggressione fisica .

Gli infermieri sono stanchi di tutto questo, non si sentono tutelati in alcun modo dalle aziende sanitarie, legalmente responsabili della nostra incolumità in quanto nostri datori di lavoro.

E allora noi scendiamo nelle piazze, noi incrociamo le braccia, per urlare il nostro disagio, per denunciare alla collettività e alla politica che siamo arrivati ad un punto di non ritorno», chiosa De Palma.