Non intendiamo assuefarci, né mai lo faremo, alla presunta ineluttabilità di un fenomeno che pare pressoché inarrestabile nel nostro Paese: l’omicidio di genere o femminicidio.

Come Cisl continueremo, con ancora più determinazione, a non risparmiarci nei contesti dove esercitiamo la nostra missione di tutela, di rappresentanza e di servizio, nel promuovere la cultura del rispetto di ogni persona e nel rivendicare la esigibilità di norme e di leggi sia nazionali che regionali, pensati per la tutela di tutte le donne umiliate e offese da discriminazioni e da pressioni psicologiche da parte di chi dovrebbe, invece, rispettarle e amarle.

 Poco più di un mese fa il massacro di Giulia Cecchettin aveva fissato a 105 il numero delle vittime, producendo nel comune sentire nazionale un moto unanime di compassione e, al tempo stesso, di ulteriore presa di coscienza, specie nelle giovani generazioni, su un fenomeno che, intimamente, si sperava non dovesse più ripetersi.

In queste ore,  con Vanessa Ballan sono divenute 109 le donne uccise, di cui 90 ammazzate in ambito familiare/affettivo.

Il caso di Vanessa, che aveva sporto denuncia per stalking porta oggi naturalmente a chiedersi e non già prosaicamente: quante altre donne devono morire per mano di uomini malati di amore finito e violento,  ancorché incensurati, se neppure il nostro Codice Penale identifica il femminicidio come un preciso reato?

Ben vengano, allora, i 400mila euro stanziati nell’ultimo Bilancio regionale pugliese  contro la violenza sulle donne e per specifici percorsi di formazione e di specializzazione per forze dell’ordine, giudici, medici, docenti, nonché per l’incremento dell’attività di informazione.

Sarà opportuno, certo, monitorarne le ricadute in termini di qualità progettuale e di evidenze sociali verificabili, non fosse altro che per marcare l’abissale differenza tra un Paese democratico come il nostro, ad esempio sui versanti del rispetto per ogni persona e della parità di genere, che fonda le proprie radici valoriali nella Carta costituzionale, rispetto ad altri contesti nazionali ispirati culturalmente al totalitarismo, all’agnosticismo o alla teocrazia.

Sistemi, questi ultimi, che rilanciano pressoché quotidianamente, sulla ribalta dei canali mediatici internazionali, ad ammonimento interno ed esterno, orribili violenze di Stato, come le uccisioni in Iran di giovani donne vittime della sharia, oppure di ragazze-madri in Pakistan ribellatesi ai matrimoni combinati dalle famiglie, senza dimenticare le migliaia di impiccagioni/anno in Cina e, persino, le due giornaliste condannate in Iran a 13 anni, per aver raccontato l’assassinio di regime della giovane donna curda-iraniana Masha Amini, denunciata dalla cosiddetta polizia morale di non avere indossato correttamente il velo ed alla quale, lo scorso ottobre, il Parlamento europeo ha assegnato un premio postumo.

La nuova legge del Governo contro la violenza sulle donne, già pubblicata in Gazzetta ufficiale, che detta disposizioni per il contrasto della violenza sulle donne e della violenza domestica, ha potenziato le misure di tutela di tutti coloro che subiscono violenze, per atti persecutori e maltrattamenti già in essere nel cosiddetto Codice Rosso.

 Le stesse misure si concentrano in particolare sulla sicurezza e l’integrità fisica delle vittime, rendendo più celeri e stringenti tempi e interventi della macchina giudiziaria.

Vengono estesi, tra l’altro, gli obblighi informativi alle vittime di violenza, da parte delle forze dell’ordine, dei presidi sanitari e delle istituzioni pubbliche sulla presenza nel territorio di centri antiviolenza per affrancarsi in sicurezza, stabiliscono l’obbligo di comunicazione alle vittime e ai difensori in ordine ai provvedimenti di libertà dell’autore di reato, riducono i tempi per la trattazione dei processi e di intervento per l’applicazione delle misure cautelari.

Vietano, inoltre, l’avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa, sanciscono l’uso del braccialetto elettronico come misura cautelare, estendono l’arresto in flagranza differita ai reati di violenza contro le donne ed alla violenza domestica, introducono una provvisionale a titolo di ristoro anticipato a favore delle vittime o degli aventi diritto che versano in stato di bisogno.

Verranno, altresì, elaborate linee guida nazionali, al fine di orientare una formazione adeguata ed omogenea di tutti gli operatori che a diverso titolo entrano in contatto con le donne vittime di violenza; misura quest’ultima suggerita dalla Cisl  e formulata in sede di audizione.

Basteranno le sole leggi a risolvere la questione femminicidi?

Certamente no, senza contestuali politiche per la famiglia e di welfare che, specie nella presente fase di transizioni epocali, alimentino nelle comunità fiducia per il presente e per il futuro, a partire dalle giovani generazioni, puntando su scuola, cultura, competenze, lavoro, formazione continua, qualità della vita, edilizia popolare, sicurezza, appropriatezza dei servizi sociali e superamento delle tante marginalità presenti nelle periferie sociali ed esistenziali.

Reputiamo condivisibili, infine, alcuni contenuti dell’ordine del giorno che ha impegnato il Governo ad inserire nei programmi scolastici, con il pieno coinvolgimento dei genitori, a partire dalla scuola secondaria di primo grado, l’educazione al rispetto, al fine di creare le condizioni per rapporti umani sentimentali e familiari più sani ed equilibrati.

Dunque, cultura, valori, rispetto, inclusione, non discriminazione, pari opportunità: sono i fondamentali di un impegno civile e sociale che da Nord a Sud del Paese continuerà ad interpellare tutte e tutti; e nessuno dovrà considerarsi escluso!

 

                                                                                     Gianfranco Solazzo

                                                                                     Annarita Sanseverino