Ancora un suicidio in un carcere della Nazione, questa volta nella Casa circondariale di PISA, e tornano ad alimentarsi le polemiche per il mancato recepimento dei richiami del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria: “Siamo costernati ed affranti: un detenuto che si toglie la vita in carcere è una sconfitta per lo Stato e per tutti noi che lavoriamo in prima linea”, denuncia Donato Capece, segretario generale del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria. 

Francesco Oliviero, segretario regionale per la Toscana del SAPPE, spiega che nella giornata di ieri, un detenuto italiano ha deciso di togliersi la vita nel carcere di Pisa. Era un ristretto sottoposto al regime di semilibertà, ossia aveva la possibilità di trascorrere parte del giorno fuori dall’Istituto per poter espletare l’attività lavorativa. Era rientrato in Istituto nel primo pomeriggio adducendo che non si sentiva bene. Il Reparto dove sono ristretti i “semiliberi” è all’interno dell’Istituto ma staccato dalle sezioni detentive e considerato il regime detentivo non vi è una presenza stabile del personale di Polizia. Verso le 17.00 il personale si recava nel Reparto per prelevare il ristretto ed accompagnarlo alla visita dal medico e lo trovava impiccato con un lenzuolo nel cortile dei passeggi. Sono stati inutili i tentativi di soccorso da parte del personale di polizia penitenziaria e dei sanitari. Un detenuto che decide di togliersi la vita è sicuramente una sconfitta per le Istituzioni e non sono chiare le motivazioni di tale gesto considerato sia il regime meno afflittivo della semilibertà a cui era sottoposto nonché il fine pena al 25 febbraio 2027”.

 “Si continua a parlare se ci sono azioni da intraprendere per poter evitare tale gesto estremo”, evidenzia il sindacalista. “Il suicidio è sicuramente un evento imprevedibile, pertanto se una persona decide di suicidarsi prima o poi troverà il modo di farlo. Il problema è preventivo, non successivo.  Con il passaggio della sanità penitenziaria alle Regioni, la situazione è purtroppo estremamente peggiorata”, prosegue. “La carenza di operatori sanitari, psicologi e psichiatri è il punto cruciale della questione. A nostro avviso servono concorsi regionali e assunzioni di personale sanitario da destinare esclusivamente alle carceri toscane”, conclude Oliviero. 

Per Capece, “chiunque, ma soprattutto chi ha ruoli di responsabilità politica ed istituzionale – penso in primis ai Sottosegretari alla Giustizia Delmastro e Ostellari, ognuno per quanto di competenza per delega ministeriale – dovrebbe andare in carcere a Pisa a vedere come lavorano i poliziotti penitenziari, orgoglio non solo del SAPPE e di tutto il Corpo ma dell’intera Nazione. L’ennesimo suicidio di un detenuto in carcere dimostra come i problemi sociali e umani permangono: è il suicidio di un detenuto rappresenta un forte agente stressogeno per il personale di polizia e per gli altri detenuti” conclude. “È fondamentale dare corso a riforme davvero strutturali nel sistema penitenziario e dell’esecuzione della pena nazionale, a cominciare dall’espulsione dei detenuti stranieri, specie quelli – e sono sempre di più – che, ristretti in carceri italiani, si rendono protagonisti di eventi critici e di violenza durante la detenzione. E se a tutto questo si aggiunga la gravissima carenza di poliziotti penitenziari. Come si fa a lavorare così?”, conclude, amareggiato, il leader nazionale del SAPPE.