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SUL DIRITTO ALLA VITA NON SI PUO’ ESSERE RETICENTI

Come sindacato esprimiamo cordoglio per una morte, l’ennesima, che ci indigna e provoca rabbia, perché rientra tra quelle annunciate. Lasciando alla magistratura il compito di accertare i fatti ed appurare eventuali responsabilità interveniamo con forza per alzare, ancora una volta, il livello di attenzione sul lavoro agricolo, già di per sè fragile. Sappiamo tutti che la Puglia sta pagando un conto altissimo in termini di vite umane per le mancate condizioni di sicurezza sui luoghi di lavoro, l’agricoltura è uno dei settori a maggior rischio, sia per entità degli infortuni che per la natura delle malattie professionali: le vittime sono ogni anno tra 120 e 150 contando lavoratori dipendenti e autonomi. Il numero però deve essere letto attraverso un altro dato: l’agricoltura ha il triste primato su tutti gli altri comparti con una incidenza due volte maggiore della media. Le denunce di infortunio hanno esito mortale in media quattro volte di più rispetto alla media nazionale registrata negli altri settori, tre volte in più rispetto all’edilizia.

Non investire in prevenzione e in sicurezza non è un incidente, è una scelta. Le denunce di infortunio registrate in Puglia tra il 2016 e il 2020 la collocano al quinto posto, se la stessa analisi la facciamo per i casi con esito mortale la regione più esposta è la nostra con il 12.8%. Sono morti per scelte sbagliate, non per errore.  Morti perché qualcuno ha deciso (scelto) di eludere la normativa sulla salute e sicurezza sul lavoro, magari per risparmiare sui costi. Una normativa da rivedere certamente, da migliorare, ma da applicare una volta per tutte! Basta morti sul lavoro. E’ indispensabile, tuttavia, che lo Stato incrementi l’organico degli ispettori, per dare un segnale di presenza nel territorio, al fine di contrastare anche un atteggiamento culturale che relega la sicurezza a questione secondaria, quando invece la vita di una donna o di un uomo sono prioritarie rispetto al profitto ed a qualsivoglia utilità.

I report devono farci riflettere sul tema dell’informazione e della formazione necessaria a realizzare una modalità dell’organizzazione del lavoro consapevole e responsabile. In questo senso la bilateralità contrattuale agricola, sia nazionale che territoriale, è uno strumento che da anni sostiene tanto la formazione obbligatoria nelle imprese quanto l’istituzione dei rappresentanti della sicurezza Rlst, nonché la formazione continua tramite Foragri. Le parti sociali, grazie al ruolo della bilateralità, possono svolgere un ruolo ancora più determinante per l’agricoltura italiana anche favorendo il collegamento tra scuola e lavoro, in modo da garantire al settore manodopera competente e specializzata. Non si tratta solo di un aspetto etico ma anche organizzativo e produttivo: il valore della vita umana non può ridursi a merce di scambio dei fattori produttivi. E’ necessario, inoltre, prevedere all’interno delle aziende maggiore coinvolgimento e partecipazione dei Rls e dei lavoratori, non solo rispetto alle informazioni su processi, prodotti e impianti, ma anche per orientare comportamenti consapevoli e partecipativi.

La cultura della prevenzione deve assumere carattere prioritario nel nostro Paese, promuovendo, già a partire delle scuole, la tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro. È davvero arrivato il momento di scegliere da che parte stare. Noi della UILA, insieme alla UIL, l’abbiamo fatto: abbiamo scelto che i morti sul lavoro devono stare a zero e che il lavoro può essere svolto solo se in sicurezza.

Oggi è necessario più che mai l’impegno di tutte le parti coinvolte: in particolar modo dal Governo, devono arrivare risposte chiare e risolute, ma è d’obbligo anche un salto culturale da parte delle aziende. Per la Uila, le parole d’ordine devono essere formazione, informazione, coinvolgimento e condivisione, anche alla luce delle nuove esigenze poste da transizione ecologica, digitalizzazione e nuove processi di lavoro nel settore.

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