La notizia della candidatura di Brindisi a Capitale della Cultura 2027 l’abbiamo accolta con grande favore, perché potrà portare con sé una serie indubbia di benefici per il territorio.

Ma non basta. Alle porte abbiamo una crisi industriale grave che potrebbe deflagrare da un momento all’altro. Davanti a tale criticità è impensabile mettersi le mani sugli occhi, facendo finta che il problema non esista. Se dovessero trovare conferma le intenzioni del gruppo chimico LyondellBasell di dismettere la produzione industriale e il preannunciato disimpegno di Jindal sul sito di Brindisi, ci troveremmo all’alba di un nuova condizione di crisi che si aggiunge a quella energetica scatenata da Enel. La situazione attuale è una spada di Damocle per Brindisi e ci preoccupa fortemente, poiché il futuro industriale della nostra città decreterà il destino di tanti nostri lavoratori e delle loro famiglie; al momento si parla di più di 2000 unità. Un naufragio sociale per il nostro territorio. E’ giunto il momento di studiare una exit strategy comune, aprendo un tavolo che raccolga tutta la politica e le parti sociali insieme. Chiediamo un interessamento tangibile delle istituzioni locali, regionali e dei parlamentari del territorio, così come avvenuto già in altre realtà, con risposte celeri e concrete da elaborare in stretta collaborazione con il Governo. Il traffico crocieristico, che apprezziamo, non può essere la soluzione a tutti i problemi, bisogna guardare oltre e altro. Se l’ambizione di Brindisi è investire sulla cultura e sulla competitività, è indispensabile partire dalla cultura del lavoro.