LEGAMBIENTE: 40 ANNI DI BATTAGLIE SU IMPATTO AMBIENTALE DELLE CENTRALI TERMOELETTRICHE A CARBONE
Sono passati 40 anni da quel mese di maggio del 1984, quando Legambiente organizzò prima a Brindisi e poi a Lignano Sabbiadoro, il primo congresso internazionale in Italia sull’impatto ambientale delle centrali termoelettriche a carbone e sulla necessità del ricorso alla valutazione di impatto ambientale.
La direttiva europea sulla VIA fu promulgata soltanto l’anno seguente.
In un contesto nel quale si sosteneva che l’abbattimento delle emissioni avvenisse grazie alla diluizione in atmosfera, per la prima volta si compararono normative, studi e tecnologie e si documentò come realizzare scientificamente uno studio di impatto ambientale. Il Congresso fu un appuntamento di grande importanza per l’ambientalismo scientifico e il merito principale va riconosciuto al Professor Virginio Bettini, tragicamente scomparso nel settembre del 2020 a causa degli effetti del COVID.
Nei quarant’anni successivi Legambiente ha sempre combattuto sia i danni sanitari e ambientali, sia il sonno della ragione e delle coscienze prodotto dal modello di sviluppo fondato sui grandi impianti termoelettrici.
Sicuramente l’asta di Terna del febbraio 2022 ha rappresentato una chiave di volta. Avere escluso dal capacity market le riconversioni a gas dei grandi impianti termoelettrici alimentati a carbone ha, inoltre, favorito significativamente l’uscita dai combustibili fossili. Ovviamente, la scelta di Enel di non procedere con i progetti di riconversione delle centrali alimentate a carbone era stata già presa prima dell’asta di Terna. La decisione di investire sui poli energetici delle rinnovabili è stata ufficializzata subito dopo.
L’invasione russa dell’Ucraina, avvenuta tre giorni dopo l’asta di terna, ha finito con il favorire scelte governative per mantenere provvisoriamente in esercizio gruppi in dismissione delle centrali alimentate a carbone e di puntare sulla Hub del gas che è il fulcro reale del piano Mattei proposto dall’attuale governo.
I poli energetici delle rinnovabili invece sono al centro dei programmi di Legambiente per la transizione ecologica ed energetica per un futuro equo e sostenibile.
Da tempo erano ben chiari i programmi europei per giungere alla neutralità climatica entro il 2050, portando l’Europa ad essere carbon free.
Le istituzioni italiane a tutti i livelli, ma anche le rappresentanze imprenditoriali, si sono fatte trovare impreparate.
Elettricità Futura, componente importante di Confindustria, ha ben dimostrato le positive ricadute economiche e occupazionali legate alla realizzazione di nuovi impianti da fonti rinnovabili per una produzione annua di 20 GW.
Legambiente e Cgil aprirono il confronto pubblico con Enel sin dall’aprile del 2022, poco dopo l’asta di terna.
Evidenti sono i ritardi a Brindisi nel definire i piani per la decarbonizzazione. L’autorizzazione integrata ambientale dettava chiaramente i tempi e i contenuti per la dismissione della Centrale termoelettrica Brindisi Sud. Si è perso ulteriore tempo rincorrendo l’impossibile
proposta di riconversione che è in netto contrasto con i piani di decarbonizzazione promossi dalla UE e ai quali l’Italia deve uniformarsi.
Governo, Regione Puglia, Provincia e Comune di Brindisi, con le rappresentanze imprenditoriali hanno avuto tutto il tempo per costruire un piano per la decarbonizzazione, ma ad oggi non vi è stata alcuna proposta concreta.
È il governo che deve programmare e coordinare gli interventi di bonifica.
È il governo che dal 2007 rinvia le analisi di rischio all’interno dell’area SIN. Una gestione intelligente delle analisi di rischio può sbloccare i tanti progetti presentati nell’area SIN.
Legambiente già alla fine del 2019, con le scuole medie superiori di Brindisi ha presentato proposte per un piano di rigenerazione dell’area che va dal petrolchimico alla centrale termoelettrica Brindisi sud.
Ma quali sono le proposte, direttamente o indirettamente collegabili a Enel, da mettere in campo? e quali altre possono essere richieste?
Enel prevede:
- un impianto fotovoltaico in area SIN di 140 MW;
- un impianto di produzione di batterie per l’accumulo;
- uno stabilimento, da collocare in capannoni Enel della società ACT Blade, per la produzione di pale eoliche innovative con la prospettiva 128 posti di lavoro all’inizio e 500 a pieno esercizio;
- un piccolo impianto fotovoltaico di 6 MW a Cerano e uno eolico di 114 MW a Erchie, entrambi con una quota da destinare a produzione di idrogeno;
Sono inoltre in corso interventi di efficientamento della rete di distribuzione che interessano direttamente Brindisi.
Attualmente la centrale termoelettrica Brindisi sud impiega 230 dipendenti che saranno destinati ad altre attività.
Più complicato sarà ricollocare coloro che sono impegnati nell’indotto (a quanto pare 400). Enel ha avviato un corso di formazione per 120 installatori di pannelli fotovoltaici. Va evidenziato che sono profondamente carenti le figure professionali che vanno dagli installatori e i manutentori, ai tecnici in tutte le filiere connesse alle fonti rinnovabili.
Si può chiedere di più a Enel? Assolutamente sì, ma come più volte detto, sono in primo luogo le istituzioni e rappresentanze imprenditoriali che devono recuperare i loro ritardi e coordinare piani di dismissione e bonifica di impianti esistenti, di transizione energetica e di investimento sulle rinnovabili, a partire da quanto Enel prospetta.
Tutto ciò comporta eliminare le pastoie burocratiche (che interessano analisi di rischio e progetti presentati o da presentare) e fare una scelta di campo, a cominciare da due questioni che esemplificano le contraddizioni:
- il progetto del deposito costiero di GNL è un anacronismo energetico che blocca un’area fondamentale del porto di Brindisi e rappresenta la negazione nella stessa area dello scalo intermodale del traffico merci da nave a treno e viceversa. Rete ferroviaria italiana, ha dato ha voluto accelerare il finanziamento e la fase operativa per appaltare i lavori dello scalo intermodale. Sono le istituzioni e la politica che possono far impegnare Enel Logistic in un settore di grandi potenzialità come quello della logistica portuale (a Molfetta la società Lisa Logistic, in un contesto molto meno favorevole, prospetta da 500 a 700 posti di lavoro).
- Incredibile è il modo in cui è stata gestita la possibilità di realizzare a Brindisi la cantieristica per impianti eolici offshore nel basso Adriatico, in una prima avanti non portata avanti in base alla falsa asserzione che il cono di atterraggio dell’aeroporto non consentirebbe il trasposto di aerogeneratori, che in realtà verrebbero movimentati non in verticale. Si rischio così perdere così a favore di Taranto una filiera, di significativa ricaduta economica e occupazionale, di produzione di componenti di assemblaggio, di manutenzione, controllo e supporto per gli impianti da realizzare.
Non sarebbe più opportuno portare avanti per il porto un progetto per la cantieristica riguardante la filiera di produzione di imbarcazioni da diporto che, preceduta da un piano di formazione specifico, si dice che potrebbe offrire 300 posti di lavoro?
Oggi a Brindisi si preferisce sostenere il deposito costiero di GNL, privo di prospettive industriali e capace di fornire appena 38 posti di lavoro, invece di investire sullo sbandierato “porto green”, che i progetti sopra richiamati consentirebbero di costruire, e sul polo energetico delle rinnovabili.
Doretto Marinazzo