E’ il terzo morto sul lavoro nell’arco di appena due mesi. Oggi, a Brindisi, abbiamo assistito all’ennesimo capitolo di una strage che continua nonostante le innumerevoli denunce, scioperi e campagne referendarie. Stanotte un altro operaio ha perso la vita per un braccio tranciato crudelmente dai macchinari presso lo zuccherificio. L’incidente si aggiunge alla dolorosa lista del 2024 che include già Giuseppe Petraglia, morto dopo una caduta di 10 metri, e Gianfranco Conte, vittima di uno schiacciamento fatale a distanza di meno di due settimane l’uno dall’altro (era lo scorso marzo). Tre incidenti sul lavoro orribili e terribili per la loro gravità che non possono rimanere nella sfera solo di quella parte di comunità che ha subito questo orribile lutto.
In questo momento di profondo dolore, la nostra solidarietà va ai familiari del lavoratore tragicamente scomparso oggi e a quelli del passato recente e remoto. Ma la solidarietà non basta più.
Al di là di eventuali responsabilità su cui sono in corso accertamenti questi non sono incidenti isolati ma episodi di una guerra non dichiarata contro i lavoratori. Nel 2023, Puglia ha contato 27.580 infortuni sul lavoro, una media di 75 al giorno, con 78 vite spezzate, incluse quelle perse in itinere. I dati del 2024 sono ancor più allarmanti con un aumento degli infortuni e già 7 morti nei primi due mesi, con l’ultimo siamo già alla quota di 8 morti in 4 mesi. La media di due morti al mese. Il paradosso assurdo è che probabilmente uccide più il lavoro che la mafia.
La prevenzione è una necessità, non un optional. Gli investimenti in sicurezza e la formazione sono essenziali, non solo per il benessere dei lavoratori ma anche per la sostenibilità delle aziende. Le leggi ci sono, ma senza un’applicazione ferrea e costante, restano lettera morta.
La CGIL insiste e continuerà a lottare: il nostro impegno attraverso la campagna referendaria mira a rendere centrali le vite umane nel tessuto produttivo del paese. Non possiamo e non dobbiamo accettare che il lavoro diventi sinonimo di rischio mortale.
Riaffermiamo il nostro impegno per la sicurezza, una causa che non tollera più rinvii. Ci uniamo in lutto, ma rinnoviamo con forza la chiamata all’azione. La strage deve finire ora. Svegliamoci! «Fermiamo la mattanza sui luoghi di lavoro, la vita al centro del lavoro. Ora e sempre».
E’ il terzo morto sul lavoro nell’arco di appena due mesi. Oggi, a Brindisi, abbiamo assistito all’ennesimo capitolo di una strage che continua nonostante le innumerevoli denunce, scioperi e campagne referendarie. Stanotte un altro operaio ha perso la vita per un braccio tranciato crudelmente dai macchinari presso lo zuccherificio. L’incidente si aggiunge alla dolorosa lista del 2024 che include già Giuseppe Petraglia, morto dopo una caduta di 10 metri, e Gianfranco Conte, vittima di uno schiacciamento fatale a distanza di meno di due settimane l’uno dall’altro (era lo scorso marzo). Tre incidenti sul lavoro orribili e terribili per la loro gravità che non possono rimanere nella sfera solo di quella parte di comunità che ha subito questo orribile lutto.
In questo momento di profondo dolore, la nostra solidarietà va ai familiari del lavoratore tragicamente scomparso oggi e a quelli del passato recente e remoto. Ma la solidarietà non basta più.
Al di là di eventuali responsabilità su cui sono in corso accertamenti questi non sono incidenti isolati ma episodi di una guerra non dichiarata contro i lavoratori. Nel 2023, Puglia ha contato 27.580 infortuni sul lavoro, una media di 75 al giorno, con 78 vite spezzate, incluse quelle perse in itinere. I dati del 2024 sono ancor più allarmanti con un aumento degli infortuni e già 7 morti nei primi due mesi, con l’ultimo siamo già alla quota di 8 morti in 4 mesi. La media di due morti al mese. Il paradosso assurdo è che probabilmente uccide più il lavoro che la mafia.
La prevenzione è una necessità, non un optional. Gli investimenti in sicurezza e la formazione sono essenziali, non solo per il benessere dei lavoratori ma anche per la sostenibilità delle aziende. Le leggi ci sono, ma senza un’applicazione ferrea e costante, restano lettera morta.
La CGIL insiste e continuerà a lottare: il nostro impegno attraverso la campagna referendaria mira a rendere centrali le vite umane nel tessuto produttivo del paese. Non possiamo e non dobbiamo accettare che il lavoro diventi sinonimo di rischio mortale.
Riaffermiamo il nostro impegno per la sicurezza, una causa che non tollera più rinvii. Ci uniamo in lutto, ma rinnoviamo con forza la chiamata all’azione. La strage deve finire ora. Svegliamoci! «Fermiamo la mattanza sui luoghi di lavoro, la vita al centro del lavoro. Ora e sempre».