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POLIZIA PENITENZIARIA E VADEMECUM ALBANIA, E’ UNO SCOOP O PIUTTOSTO L’ENNESIMO TENTATIVO DI DELEGITTIMARE UN CORPO DI POLIZIA DELLO STATO PER SCREDITARE IL GOVERNO?

Ferma presa di posizione del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria, dopo l’articolo di un quotidiano nazionale che ironizza pesantemente su di un vademecum consegnato ai poliziotti penitenziari italiani che dovranno partire in missione per l’Albania. “Un manualetto di buon comportamento che esiste da sempre”, commenta Donato Capece, segretario generale del SAPPE. “Si tratta di un manualetto di comportamento che viene consegnato ad ogni corsista militare o di polizia dall’alba dei tempi. E analoghi vademecum sono stati consegnati a tutti i colleghi delle altre forze dell’ordine che andranno in Albania. A parte il fatto che anche i più antichi manualetti iniziavano con la raccomandazione di non molestare le donne altrui.Ma quale è il problema del giornalista? (Al di là della ricerca spasmodica di qualsiasi cosa possa essere contestata al Governo).  Mettere in ridicolo un Corpo di Polizia? In realtà il problema è che è stata utilizzata una comunicazione interna che non doveva essere divulgata (e poi qui veniamo al secondo problema…) per mettere in ridicolo un Corpo di Polizia dello Stato, senza alcuna ragione logica se non quella di fare propaganda politica”.
“Propaganda politica”, prosegue Capece, “della quale è infarcito anche l’articolo principale nel quale non passa inosservata la faziosità con la quale, nel dover ammettere che questa estate i flussi sono diminuiti del 64%, si critica l’operazione Albania che non servirebbe proprio perché sono diminuiti i migranti, anziché ammettere che – forse – potrebbe aver funzionato la politica migratoria del Governo. Insomma: “Picchiatore fascista uccide povero leone”, per chi conosce la famosa barzelletta”. Poi il leader del SAPPE aggiunge: “Ma veniamo al secondo problema. Il secondo problema è che alcuni sindacalisti della Polizia Penitenziaria hanno messo su una vera e propria agenzia di stampa. Lungi da noi voler mettere il bavaglio ai poliziotti penitenziari e la storia lo conferma raccontando come siamo stati i primi a rompere il muro di silenzio che circondava l’amministrazione penitenziaria oltre Trent’anni fa. E non siamo certo noi a tacere su quello che sta succedendo nelle carceri italiane e lo confermano le decine, centinaia di comunicati stampa che divulghiamo ogni mese. Ma ad un certo punto esiste un limite deontologico, etico, morale ed umano oltre il quale non si deve andare. Invece, purtroppo, esistono personaggi che interpretano il ruolo di dirigente sindacale in maniera molto spregiudicata e, in nome della libertà di parola e di espressione, dicono, affermano e divulgano qualsiasi informazione possa garantire un passaggio sui mass media nazionali”
Sembrano i famosi personaggi dei quali parlava Andy Wharol … quelli che per cinque minuti di celebrità avrebbero fatto qualsiasi cosa.  Ci sono quelli che evocano il morto. Ci sono quelli che contano i suicidi. Ci sono quelli che insultano i colleghi. E ci sono anche quelli alla ricerca di una candidatura e che per questo si mettono al servizio di questo o quel partito. 
Da qui l’atto d’accusa del SAPPE: “No, non ci siamo. Noi non ci stiamo!  Non si strumentalizza la sofferenza dei colleghi.  Non si strumentalizza la sofferenza dei colleghi per apparire in un video, in un TG o nel virgolettato di un giornale. Non si divulgano notizie e informazioni riservate per accattivarsi le simpatie di questo o quel politico dell’opposizione o di questo o quel giornalista. I giornalisti in fin dei conti fanno, tutto sommato, il loro lavoro. Vorremmo che anche i sindacalisti, senza trucco e senza inganno, tornassero a fare il proprio lavoro mettendosi una mano sulla coscienza…”.
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