La Corte d’Appello annulla il processo Ilva e trasferisce tutto a Potenza.
Viene inferto così un nuovo duro colpo alla città, annullando il processo sulle emissioni velenose dell’ex Ilva. Un’altra ferita per i tarantini, vittime di un disastro ambientale che continua a mietere vittime.

“Ambiente” o “vite umane” svendute? La domanda brucia sulla pelle di ogni tarantino. Non è forse appropriato parlare di “amarezza” perché i fatti parlano chiaro: la nostra città è stata nuovamente derisa e umiliata.
A Taranto, la giustizia sembra essere un bene di lusso, accessibile solo a chi vive fuori dai confini del territorio jonico. I cittadini, avvelenati dall’inquinamento, sono considerati “parti offese”, ma la loro voce sembra non essere ascoltata. I giudici, invece, sono “parti offese” solo se vivono a Taranto. Un controsenso che mette in discussione l’imparzialità del sistema giudiziario.
È ora di cambiare le regole del gioco, perché a Taranto, la partita della salute non è una scommessa negoziabile. Dietro questa vicenda si nasconde una politica miope e indifferente, che ha sacrificato la salute dei cittadini sull’altare dell’industria. E ora fa finta di stupirsi di fronte alle conseguenze.
A rendere ancor più grave e irrimediabile il  tutto lo spettro della prescrizione che inevitabilmente va ad annullare e lascia impunite le importanti responsabilità.
Ci auguriamo che i Giudici potentini sappiano comprendere che dietro questo processo c’è la storia, la sofferenza e il destino di un intero territorio e possano giudicare in serenità solo se effettivamente competenti secondo le regole processuali, sollevando anche il conflitto di competenza alla Corte di Cassazione se necessario.

Roberta Cambria,
Delegato Ambiente e Salute della segreteria cittadina Pd Taranto