È ormai da tempo che ci si interroga su quali cambiamenti potranno coinvolgere la situazione previdenziale di milioni di italiani nella prossima finanziaria che il Governo si troverà a discutere nei prossimi mesi e ad approvare a dicembre.
L’Istat nel corso dell’audizione sul Piano Strutturale di Bilancio (Psb) di fronte alle commissioni Bilancio riunite della Camera e del Senato ha illustrato i dati di un futuro che pare essere poco incoraggiante e i cui problemi hanno origine nel mercato del lavoro odierno.
L’Istituto restituisce un quadro che analizza innanzitutto la situazione economica e macroeconomica sia a livello nazionale sia a livello internazionale. L’economia mondiale, dichiara Chelli, ha risentito della crisi pandemica, oltre a tutte le tensioni geopolitiche in Medio Oriente e in Ucraina.
Gli scenari demografici, economici e sociali hanno subito profonde trasformazioni, accentuate dalla crisi determinata dal biennio pandemico.
Il mercato del lavoro vede un numero crescente di occupati, ma il dato va esaminato nel suo complesso al di là del trend positivo. Il peso dell’occupazione a tempo parziale è cresciuto quasi ininterrottamente fino alla crisi del 2020. È aumentata in modo significativo l’occupazione femminile e, tra le diverse generazioni, quella delle persone di 65 anni e più, anche per effetto dell’allungamento della vita e del posticipo dell’età pensionabile. Si è invece ridotta l’occupazione tra le fasce più giovani, oggi meno numerose, in parte anche a causa dell’allungamento dei percorsi di studio, e si rileva che attualmente la forza lavoro è nel complesso più istruita che in passato.
Ad aggravare il futuro previdenziale del nostro Paese è in primis il deficit demografico.
Purtroppo, non vi sono inversioni di tendenza per lo scenario demografico che emerge dai dati provvisori relativi ai primi sette mesi del 2024: anzi, sono amplificati gli effetti del processo demografico in corso.
Oltre quattromila nati in meno nel 2024, rispetto al medesimo periodo del 2023, per un totale di 210 mila nuovi nati per i primi sette mesi 2024.
Di contro, scendono di 17 mila unità i decessi pari al 31 luglio 2024 a 372mila contro i 389mila dell’anno precedente, migliorando così leggermente il deficit naturale, ossia il saldo fra nascite e decessi. Il miglioramento del saldo non deve far abbassare la guardia, poiché rimane in ogni caso fortemente negativo.
È così che il calo della popolazione potrebbe far slittare fino ai 70 anni l’età per la pensione nel 2051, basando i dati su una proiezione di medio periodo.
I dati ISTAT infatti avvertono che in base allo scenario di previsione mediano, tra il 2024 e il 2031 la popolazione residente scenderà ulteriormente da circa 59 milioni al 1° gennaio 2024 a 58,4 milioni nel 2031, per arrivare fino a 54,8 milioni nel 2050. In queste previsioni ovviamente rimane sempre un margine di incertezza, e nell’ipotesi più favorevole la popolazione potrebbe quindi subire una perdita di “soli” 250mila residenti entro il 2031 (ma oltre 2 mln entro il 2050); nel caso meno positivo, invece, il calo di popolazione supererebbe le 850mila unità (e 6,3 milioni entro il 2050).
In quale misura si verificheranno tali trasformazioni dipende dall’incertezza del futuro comportamento demografico.