“Al tavolo tecnico convocato dal Mimit per analizzare le ricadute del  piano di riconversione di Eni sulla chimica di base è stata confermata la chiusura dei siti di  Ragusa e Priolo e si è consumato un ulteriore strappo. Il Direttore del Ministero ha dichiarato  che il via libera al piano di Eni è stato dato direttamente dal Ministro Urso e dalla Presidente  del Consiglio Meloni: il Governo sovranista determina l’uscita dalla produzione di etilene  dell’Italia, unica tra tutti i paesi europei”. Così, in una nota congiunta, il segretario confederale  della Cgil Pino Gesmundo e il segretario generale della Filctem Cgil Marco Falcinelli

Per i due dirigenti sindacali “non sono stati analizzati i futuri rischi derivanti da tale decisione,  visto che Eni stessa dichiara come condizione fondamentale della chimica di base la filiera  corta, né le ricadute che la chiusura del cracking di Priolo determinerà sugli impianti Versalis  di Ferrara, Ravenna e Mantova, oltre che al resto delle aziende collocate negli stessi siti che  oggi lavorano l’etilene o i suoi derivati”. Nel dettaglio, Cgil e Filctem spiegano che “Ragusa è  già considerata chiusa e dal 1° gennaio sarà dato avvio allo smantellamento e alla messa in  sicurezza del sito. La produzione di Priolo terminerà al 31 dicembre 2025. Sui progetti di  reindustrializzazione la situazione è particolarmente indefinita”. 

“Su Ragusa – proseguono – i progetti definiti in via di valutazione spaziano dalla coltivazione  sul territorio di prodotti per alimentare la bioraffineria, un acceleratore di start up, due centri  di ricerca sul riciclo meccanico. Tutti senza date di avvio, senza cronoprogramma e senza  indicare gli organici necessari. Su Priolo, le ipotesi in campo riguardano lo sviluppo di una bio  raffineria, progetto su cui Eni ha già operato in altre occasioni, e il riciclo di plastiche chimiche  che produrrebbe un olio da inviare ai cracking per produrre etilene. Peccato che in Italia non  esisteranno più impianti di cracking per il riciclo della platica”. Per quanto riguarda l’indotto,  Gesmundo e Falcinelli fanno sapere che “l’Eni non ha dato comunicazione su quante siano le  imprese e i lavoratori coinvolti e si è limitata a dare generiche e indefinite garanzie di  rioccupazione”. Il tavolo sarà riaggiornato con il Ministero, che ha chiesto a Eni impegni più  definiti nel tempo e nei numeri. 

“Ovvio che l’avallo fornito dalla Presidente Meloni e dal Ministro Urso – sostengono – condannano l’Italia a diventare marginale rispetto al tessuto industriale europeo. Proprio ieri  il vicepresidente della Commissione Europea Séjourné ha definito la chimica come l’industria  delle industrie. La subalternità del Governo a Eni e ai suoi azionisti, che decidono per  questioni di profitto di rinunciare al rischio di impresa scaricandolo direttamente sulle  aziende che lavorano i prodotti della chimica di base, è sconfortante”.

“È evidente – concludono il segretario confederale Cgil e il segretario generale Filctem – che  occorre far emergere pubblicamente quanto l’Esecutivo sta avallando, e avviare una  mobilitazione dell’insieme dei lavoratori coinvolti per scongiurare il rischio che i 21 mesi di  calo della produzione industriale già registrati siano destinati a diventare la normalità  caratterizzata dalla deindustrializzazione e dal disastro occupazionale nel nostro Paese”.