E’ di qualche giorno la pubblicazione del rapporto Istat, con la rappresentazione di uno scenario oltremodo preoccupante per il Sud e, quindi, per i nostri territori, anche per le ricadute della pandemia sulle persone più fragili, donne, giovani e per l’allargamento delle diseguaglianze sociali frutto di inadempienze che hanno marcato almeno gli ultimi 20 anni.

Questione, dunque, che viene da lontano e che, ancora una volta, induce a riproporre il tema di come rilanciare il sistema economico e produttivo anche di Taranto e di Brindisi, permanendo ancora una relativa visione unitaria ed un’altrettanta progettazione mirata, visti anche gli insufficienti investimenti pubblici e privati, le forti resistenze burocratiche e l’esiguo numero di risorse umane nella pubblica amministrazione.

Se sono in molti, oggi, ad auspicare che dopo la crisi pandemica il Paese ed il Sud possano venirne fuori migliori di prima, è evidente come a partire da questo 2020 vi sia, dunque, necessità di un energico cambio di passo.

E’ proprio per questo che come sindacato confederale continuiamo a rivendicare, in queste aree, un Patto di coesione territoriale per la crescita e per il lavoro, restando uniti tutti, rimuovendo un clima di sospetto fondato su individualismi, mere appartenenze, leadership personali e conflittualità fine a se stesse.

Da qui, anche, la richiesta, rivolta al Governo, di progetti esigibili, mentre le Istituzioni locali devono saper contrattare le priorità rispetto a quali investimenti pianificare e progettare nel medio-lungo periodo, anche con le ingenti risorse europee disponibili tra fondi strutturali e miliardi promessi, cominciando concretamente con il combattere le forti diseguaglianze sempre più dilaganti.

Ecco, allora, una sfida che potrà e dovrà coinvolgere anche le nuove generazioni, i giovani, vero e proprio capitale umano e sociale su cui immediatamente investire guardando al futuro.

Farlo innanzitutto diffondendo a livello centrale e periferico una cultura diffusa sempre più attenta alla legalità, alla persona e alla sua centralità nel contesto dei processi formativi prima, produttivi poi, investendo nelle capacità e nelle competenze ed anche avendo riguardo all’inclusione e all’accoglienza in special modo dei soggetti deboli, non per ultimo riservandola ai valori insiti nelle specifiche comunità locali. 

In questo quadro si colloca anche l’analisi, come sempre illuminante, pubblicata a metà giugno scorso dalla Conferenza dei vescovi pugliesi, i quali richiamano il fenomeno dell’emigrazione dalla Puglia negli ultimi 10 anni di circa 150 mila giovani, la permanenza qui di una bassa natalità, il complicato ricambio generazionale che continua a fare i conti con una formazione devitalizzata professionale ma anche sociale e politica aggiungeremmo noi; e, poi, denunciano anche loro la carenza insostenibile di infrastrutture materiali e immateriali, nonché le criticità ambientali ancora irrisolte che si riverberano su vari comparti economici e produttivi, come il turismo, il commercio, il manifatturiero.

Comparti questi che, a ben guardare, fino al recentissimo passato hanno trainato l’economia di questa parte del Paese, implementandone il Pil.

Insomma, anche la Conferenza episcopale pugliese evidenzia l’attuale situazione sociale ed economica meriti di essere affrontata con il confronto con le parti sociali, con l’ascolto dei corpi intermedi, agendo tutti con coesione e corresponsabilità.

Ma per fare ciò, occorre ripartire immediatamente!

È necessaria, pertanto, una politica economica, ai vari livelli, espansiva e non più difensiva per contenere l’emergenza finanziaria e sociale evitando ulteriori danni al tessuto produttivo locale e di conseguenza ai lavoratori, ai pensionati, alle famiglie più in generale.

E ricominciare, come richiesto a più voci, anche dai vari nostri livelli confederali, dallo sblocco degli investimenti in infrastrutture materiali e immateriali, proseguendo con quelli specifici per la scuola, alle prese ancora con tanti interrogativi in vista del nuovo anno 2020/2021; inoltre, è urgente investire in ricerca collegandola all’Università, alla scuola e sostenendo i settori produttivi chiave nel nostro Paese anche perché come ricordato, ci saranno tantissime risorse dall’UE da spendere.

Alla questione scuola però, si somma anche l’annoso problema della qualità dell’edilizia scolastica, la necessità di adeguamento degli istituti alle esigenze di vivibilità ed in particolare della sicurezza, le misure da assumere strutturalmente contro la dispersione scolastica; questioni che non vanno affatto rimesse solo alla responsabilità dei singoli istituti ma a quella degli Enti periferici, tra cui le Province, oltreché del Ministero competente.

In tutto questo, per Taranto e Brindisi, non è ininfluente la qualità del sistema dei trasporti – via terra, aria, mare, ferrovia – che solo se efficienti ed articolati, a partire dall’alta velocità (laddove già esiste il Pil è cresciuto) e dall’agevole collegamento con le zone interne, divengono supporto necessario alla fruibilità anche del sistema turistico, scolastico, culturale ed universitario oltreché a quello imprenditoriale e produttivo che, pur dal Mezzogiorno, intende ancora guardare al resto dell’Italia, all’intera Europa e al mondo.

Taranto e Brindisi, nel contesto più generale del sistema-Salento e dei settori produttivi particolari che ne costituiscono driver di sviluppo, continuano purtroppo ad essere vittime sacrificali di un sistema di trasporto pubblico a dir poco inefficace e, sostanzialmente, ancora penalizzante, facendo anche per questo fatica in quanto territori a riprendersi dopo il blocco Covid-19, nonostante i tanti appelli alle Istituzioni da parte dei Sindacati dei lavoratori ma anche delle Associazioni professionali.

Sono i settori che spaziano dalla grande impresa industriale siderurgica ed energetica al commercio, dal wedding anche internazionale alla moda, dall’agricoltura all’agroindustria al food, dal turismo all’agriturismo (con presenze nazionali e internazionali) al settore terziario, dalla ricettività alle bellezze naturali, dalle tradizioni religiose e non solo al sistema museale e alla cultura.

Per tali ragioni questo è il tempo di riprendere la corsa verso una forte reazione politica ed istituzionale, superando il tempo sospeso degli ultimi quattro mesi, in cui è stato necessario affrontare solo l’emergenza pandemica, sebbene non ancora esaurita del tutto.

I territori di Taranto e di Brindisi sono complessivamente chiamati a promuovere il proprio capitale umano e quello sociale ed a porre questioni vitali al Governo nazionale, sui versanti del nuovo sviluppo e dell’occupazione aggiuntiva, affinando la propria capacità di contrattazione sociale, i cui effetti benefici azzerino i bisogni presenti ed i rischi di marginalità sociale, economica e culturale che sono sempre, purtroppo, in agguato.