Il rigetto del ricorso presentato dal Comune di Brindisi dinanzi al Tar avverso l’ultima AIA rilasciata a Versalis ha riportato all’attenzione dell’opinione pubblica la questione della qualità e della gestione delle centraline di monitoraggio dell’aria. Il Comune e l’ARPA durante la procedura di rinnovo dell’AIA avevano chiesto, tra l’altro, di risolvere una annosa quanto incredibile controversia: chi debba gestire le centraline sulla qualità dell’aria. Comune e Arpa sostenevano e sostengono che debba essere l’ente pubblico perché il primario interesse alla salubrità dell’aria e alla salute è innanzitutto della collettività. Il Ministero ha ritenuto di rilasciare un’autorizzazione di 12 anni all’industria chimica senza modificare l’insufficiente sistema di monitoraggio e rinviando ad un accordo successivo tra le parti entro sei mesi il suo miglioramento. Accordo che, come prevedibile, non c’è stato e così le centraline sono rimaste così come sono sotto il controllo di chi immette in atmosfera sostanze pericolose perpetuando una situazione paradossale.
Il Comune saprà se e come continuare la via giudiziaria. Quel che qui preme è ricordare che le ragioni del ricorso risiedevano – come riportano gli organi di stampa – “nel fatto che il decreto a firma del ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani non aveva tenuto conto… delle richieste dell’ente … che comprendevano la gestione e l’implementazione delle centraline di misura della qualità dell’aria situate all’interno ed a perimetro dell’area di stabilimento prevedendo altresì l’implementazione delle stazioni pubbliche esterne, già gestite da Arpa, con opportuni analizzatori idonei a descrivere le ricadute in aria ambiente dell’installazione sul territorio. Ma anche l’installazione di un congruo numero di campionatori posizionati all’interno ed al perimetro dell’area di stabilimento, prevedendo anche idonee modalità di speciazione in aria ambiente dei Voc (composti organici volatili, ndr) che rientrano nel processo produttivo. Inoltre, come ribadito anche dall’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente, non sono state in alcun modo considerate le proposte di integrazione relative in particolare alla modalità di gestione delle torce ed agli aspetti odorigeni”. Insomma, il Ministero guidato da Cingolani anche in questo caso non tira proprio la volata alla transizione ecologica!
Sono proprio i VOC che lo studio Forastiere – “cavallo di battaglia” dell’attuale amministrazione ma fermo al 2013 e in perenne attesa di essere aggiornato – attribuisce al petrolchimico e ritiene responsabili anche di malformazioni neonatali e gravidanze abortive. E da anni andiamo ripetendo, senza ricevere né risposte né smentite, che su queste ultime lo studio tace se fossero ancora in eccesso alla data del 2013 e quindi anche dopo.
Quindi il problema resta e ci auguriamo che Arpa stia continuando almeno il monitoraggio con una stazione mobile al di fuori del perimetro del petrolchimico che permise una rilevazione puntuale delle sostanze emesse in occasione dell’evento che nel maggio scorso inondò la città di un cattivo odore oltre che di benzene e polveri sottili oltre i limiti.
Non vi è altra soluzione a quella di potenziare la gamma di inquinanti rilevabili nelle centraline e di affidare il loro controllo in mano pubblica. Non può essere il controllato a controllare! Se questa logica viene occultata nella comunicazione o contrastata nei fatti si dà solo adito al sospetto che c’è qualcosa da nascondere e che si vuole esercire una attività pericolosa con le mani libere. Così non si fa altro che minare sempre più la fiducia dei cittadini e distorcere l’immagine della città.
D’altronde non ci sarebbe certo bisogno del permesso delle aziende chimiche per ammodernare il sistema di monitoraggio dell’aria al di fuori del petrolchimico. Se le istituzioni locali e regionali lo considerano insufficiente, come in effetti è, possono benissimo finanziare senza ulteriore indugio il suo migliormento visto che lo ritengono giustamente essenziale per la difesa della salute pubblica.
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