Lo scontro politico ed istituzionale che si è scatenato intorno alla gestione dei servizi sociali nell’Ambito BR1, di cui fanno parte i Comuni di Brindisi e San Vito dei Normanni, ha visto finora un grande assente:

la comunità degli utenti. Purtroppo nel settore dei servizi sociali si sono sedimentati negli anni interessi che hanno visto coinvolte quasi tutte le forze politiche e che hanno impedito qualsiasi mutamento. Il PRI sicuramente non è tra queste! Ricordiamoci il dimissionamento dell’Assessore e Vice Sindaco Rita De Vito a fronte di un tentativo di mettere mano ad una profonda riorganizzazione dei servizi. Si spiega anche in questo modo il perché alcune forze di centrodestra hanno preso le difese del Comune di Brindisi e del Sindaco Rossi in questo aspro confronto che lo vede contrapposto al Sindaco di San Vito dei Normanni circa la quantità dei servizi da erogare e l’apporto economico di ciascun comune. Siamo sicuramente tra quanti difendono i diritti dei lavoratori impegnati nella erogazione dei servizi e siamo stati tra i pochi a protestare per i tagli operati nel settore dei servizi sociali che si sono riverberati sulle retribuzioni di quanti operano con le diverse Cooperative affidatarie dei servizi. Ma un dibattito incentrato esclusivamente sulla difesa dei livelli occupazionali sarebbe sicuramente monco. Fin dall’inizio di questa consiliatura il nostro Capogruppo Gabriele Antonino ha richiamato, spesso inascoltato, l’attenzione su un altro aspetto che a noi pare francamente il più rilevante: ossia la qualità dei servizi erogati e la loro rispondenza ai nuovi bisogni di fasce sempre più estese di popolazione.  Non a caso avevamo auspicato una riorganizzazione e riqualificazione dei servizi sociali sul nostro territorio per giungere alla definizione di un possibile organigramma capace di gestire tutta la rete dei bisogni dei cittadini riconducibile alle competenze della Amministrazione Comunale. Tanto a fronte di una crisi economica strisciante, della fuga della popolazione giovanile verso altre realtà capaci di offrire migliori opportunità lavorative e di studio, della perdita di solidità delle strutture familiari, del dilagare di forme di devianza minorile e di tossicodipendenze che hanno fatto si che la domanda di servizi nel campo sociale aumentasse a dismisura a fronte di una struttura operativa e di una organizzazione gestionale rimasta sostanzialmente immutata negli anni. La nascita di un Consorzio pubblico poteva servire a questo scopo. Specie se affidato ad una struttura manageriale cui delegare il compito di redigere una mappatura completa delle risorse organizzative presenti sul territorio, stimolando la crescita di quelle organizzazioni che possono veramente essere definite no-profit. Ci sembra, invece, che il dibattito stia stato svilito sulla disputa intorno alla Presidenza del Consorzio e sui contributi che ciascun Comune dovrebbe versare. Purtroppo la circostanza che nell’ultimo decennio il settore dei Servizi Sociali sia stato affidato a dirigenti a scavalco ha impedito che venisse operato uno screening di tutte le associazioni, cooperative sociali e organizzazioni no-profit presenti sul territorio, raccogliendo ed archiviando gli organigrammi di ogni struttura accreditata ed evidenziando le lacune o le insufficienze dei servizi esistenti, individuando e segnalando esperienze innovative di welfare collaborativo. Così come è mancato un controllo periodico degli operatori del settore al fine di verificare che le strutture accreditate abbiano mantenuto i requisiti strutturali, organizzativi e qualitativi che hanno dato origine alle autorizzazioni. E’ giunto allora il momento di dar vita ad una Consulta in cui siano inseriti i rappresentanti delle associazioni, cooperative sociali, patronati di assistenza, sindacati di categoria e associazioni dei familiari, facendo tesoro dei suggerimenti utili al buon funzionamento dei servizi sociali di emanazione comunale. Tale organismo dovrà essere consultato anche nella fase di stesura dei piani di zona. Solo in tal modo l’Amministrazione potrà dare compiuta attuazione a quello che è il dettato principale della Legge 328 del 2000, ossia il principio di sussidiarietà inteso come un patto tra tutti gli attori del territorio.

                                                                   IL MOVIMENTO FEMMINILE REPUBBLICANO

                                                                                      Lucia DE GIORGIO

                                                                                        Rita DELL’ERBA