Adesso la non candidatura di Rossi la si vuol passare come un diktat Romano – Barese nei confronti dell’alleato PD. Non c’era bisogno di un sondaggio per comprendere come in città il sindaco Rossi non goda di alcun gradimento se non tra i suoi sparuti stretti sostenitori. La ricandidatura come Sinistra Italiana, Europa Verde e Brindisi Bene Comune presentatisi insieme alle ultime politiche,  pare più una operazione tenerezza che coerenza come dichiarato dagli stessi. 

Già… tenerezza, se fossimo in un romanzo e non fossimo di fronte al disastro combinato da quest’uomo alla guida dell’amministrazione negli ultimi quattro anni e mezzo. 

Se ne facciano una ragione, Rossi ha fallito miseramente, non è riuscito a conquistarsi la stima di alcuno e la città non vede l’ora di liberarsene. Raramente c’è stata tanta fame di elezioni come questa volta, la fine di questa amministrazione è un momento che in tanti attendono come la fine di un incubo.

Come Progressisti nel giugno 2020 recapitammo al sindaco un documento con il quale chiedevamo un incontro di maggioranza con i rappresentanti cittadini e provinciali delle forze presenti in consiglio per un incontro chiarificatore su problematiche e soluzioni di rilancio dell’azione politica di questa amministrazione. 

Non ci fu alcuna risposta ne’ da parte del sindaco e ne’ della sua maggioranza e nel novembre dello stesso anno si concluse l’esperienza in Giunta Comunale dell’assessore D’Errico.

Sin dall’inizio avevamo tentato di correggere un atteggiamento di autosufficienza e di supponenza che contrastava con qualsiasi possibilità di governare una città in grande difficoltà. Eravamo e siamo convinti che le difficoltà si affrontano col dialogo ed aprendosi. C’era bisogno di unità e bisognava prendere per mano  Brindisi che invece è stata bacchettata e ridotta allo stremo in ogni suo comparto. Rossi è stato maestro di divisione proprio in una città in cui le separazioni sono il grande problema e causa anche del poco peso ed autorevolezza che si continua ad avere ai vari livelli istituzionali. Era questo il nostro giudizio politico ed amministrativo. E non eravamo soli. Con noi c’era Sinistra Italiana e i rappresentanti dei 5 Stelle, prima che questi ultimi si dimettessero dal Consiglio Comunale.

Chi ha diretto il PD in questi anni in città e ha avallato i modi e le posizioni del sindaco uscente non può far finta di niente sia per quanto accaduto e sia per l’epilogo non edificante di questa esperienza, che qualche dirigente di questo partito ha difeso e riproposto ancora fino a qualche settimana fa.

Il timore è che questo rischia di avere un pesante riverbero sulle prossime elezioni. La paura è che nemmeno il nuovo vento generato dalla segreteria di Elly Schlein, che ha spinto anche noi Progressisti a rientrare nel partito, possa riparare il danno di questa responsabilità politica. 

Occorrerebbe una riflessione seria sugli errori commessi e non solo un sondaggio dicendo alla città la verità su questa esperienza.

Occorrerebbe, come a livello nazionale, un cambio di passo nel partito, volti e idee nuove in linea con il rinnovamento in atto  a livello nazionale. La candidatura di Roberto Fusco è certamente una speranza, soprattutto se saprà, con umiltà, unire e ricomporre una città divisa e stanca. 

E la sosterremo come sosterremo la candidatura di chi nella lista rappresenta quella “primavera” che soffi con la nuova Segreteria e che potrà generare un partito aperto, inclusivo e innovatore.

Perché se non si cambiano gli ingredienti si corre il rischio di continuare ad offrire agli elettori una città in cui l’ipocrisia, la furbizia, la doppiezza e la contrapposizione rimangono componenti di un insopportabile trasformismo e questo vale tanto per il centro sinistra quanto per il centro destra.

 

Coordinamento Progressisti per Brindisi