Prezzi delle auto alle stelle: cosa sta succedendo?

Il mercato dell’auto sta vivendo un periodo ricco di difficoltà, innescato 3 anni fa dalla pandemia del Covid-19. Le catene di approvvigionamento dei componenti sono entrate in crisi, causando ritardi nelle fabbriche e nelle consegne. A questo si è aggiunta la guerra in Ucraina e la conseguente aumento del prezzo del gas, che ha portato a un aumento dell’inflazione e delle tariffe dell’energia, con inevitabili ripercussioni sui prezzi delle auto nuove, in costante crescita.

Per comprendere meglio la situazione attuale, Assoutenti ha condotto uno studio che mette a confronto i listini praticati dalle case automobilistiche. Nel corso di dieci anni, il prezzo medio per acquistare un’auto nuova in Italia è arrivato a 26.000 euro, con un incremento del 44,4% in 10 anni. A marzo, secondo gli ultimi dati Istat, si è osservato un incremento del +6,1% nei prezzi delle auto nuove rispetto allo stesso periodo dello scorso anno.

Anche il mercato dell’usato è stato influenzato da questa situazione complessa. L’allarme per i lunghi tempi di attesa per le auto ordinate è stato lanciato da diversi portatori di interesse in Italia; in alcuni casi, l’attesa ha superato i 12 mesi. Di conseguenza, molte persone si stanno orientando verso il mercato dell’usato per acquistare o sostituire un’auto. A causa di questa crescente domanda, i prezzi delle auto usate hanno subito un’impennata, registrando un aumento medio del 24% nel 2022. Federcarrozzieri (associazioni dei carrozzieri italiani) sostiene che questa tendenza non si sia invertita e nei primi tre mesi del 2023 l’aumento dei prezzi ha sfiorato il 30% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.

13% in più in 24 mesi: i prezzi di listino a confronto

Secondo Assoutenti, facendo un confronto tra i prezzi di listino di Aprile 2021 con Aprile 2023, si possono evincere questi incrementi dei prezzi per diverse auto:

 

Auto

Da €

A €

Aumento %

Audi Q8 e-tron Sportback

75.500

82.200

8.90%

Nissan Micra IG-T 92 Acenta

17.415

18.950

8.80%

Renault Clio 100 Gpl

19.050

21.250

11.50%

Seat Arona 1.0 TG1 90 CV (metano)

20.100

22.750

13.20%

Mazda2 1.5 M Hybrid 90 CV

18.300

20.300

10.90%

Dacia Spring Electric

19.900

21.450

7.80%

Audi A6 Avant sport business

59.500

64.670

8.70%

Cupra Formentor 2.0 TDI

33.100

37.700

13.90%

Skoda Octavia Executive

29.900

33.400

11.70%

 

Da questo breve confronto, si evince come l’incremento dei prezzi delle auto più utilizzate nel panorama europeo, sia aumentato in misura variabile sebbene si tratti sempre di una variazione di migliaia di euro.

Cosa dicono i connsumatori? Il 50% degli italiani sono scoraggiati

L’Osservatorio Auto di Findomestic ha rilevato che nonostante l’aumento dei costi, la maggioranza degli automobilisti italiani (68%) non vuole rinunciare all’auto. Questo è anche dovuto al fatto che l’Italia non risulta avere una rete di trasporti alternativi ben sviluppata in tutte le zone. Infatti, il 45% considera le autovetture indispensabili per gli spostamenti quotidiani, mentre il 40% la utilizza anche per viaggi e tempo libero. Tuttavia, tra i dati più interessanti è stato osservato che metà degli intervistati teme di non potersi permettere un’auto nuova e lamenta costi sempre più elevati. Inoltre, il 55% degli automobilisti italiani reputa i costi di gestione dell’auto elevati, in linea con la media internazionale. La principale causa di preoccupazione sono i costi della benzina, diesel e gpl., ma circa il 70% degli intervistati ha adottato strategie per ridurne l’impatto economico. Per quanto riguarda gli spostamenti quotidiani, il 45% degli italiani non rinuncia mai all’auto, mentre circa la metà utilizza anche mezzi pubblici o mezzi a due ruote.

Tuttavia, l’Italia è uno dei paesi con il minor utilizzo del car sharing a livello mondiale. Per i weekend e le vacanze, il 38% degli italiani usa sempre l’auto, mentre altri paesi come la Francia e la Germania ne fanno un uso più frequente (circa 50% ciascuno). Cina, Messico, Spagna e Turchia hanno invece valori di gran lunga inferiori raggiungendo anche il 18% per la Cina.