Il Sindacato Cobas aderisce all’iniziativa convocata per il 24 agosto non solo per sostenere che il porto di Brindisi deve essere aperto allo sviluppo e alla polifunzionalità ma anche per ribadire la netta contrarietà al deposito costiero di GNL proposto da Edison e a qualsiasi altro investimento “fossile” nel territorio Brindisino.

Già il 4 agosto scorso il Cobas, nell’ambito delle iniziative del Climate Camp di Ostuni di cui era co-organizzatore insieme alla campagna nazionale “Per il Clima Fuori dal Fossile”, Movimento NO TAP/Snam di Brindisi e a “emergenzaclimatica.it”, aveva svolto un sit in sotto il Municipio per fare appunto al Sindaco di Brindisi per aver ritirato il ricorso al TAR promosso dalla Amministrazione precedente contro le criticità progettuali e autorizzative del deposito GNL di Edison, a dimostrazione dell’attenzione che il Cobas ha avuto e che ha per gli sviluppi della vicenda a Brindisi.

Il Sindacato Cobas è tra i promotori della campagna nazionale “Per il Clima, Fuori dal Fossile” e segue attentamente le dinamiche legate agli investimenti fossili, non solo in Italia ma anche in Europa e nel Mediterraneo, figuriamoci se non le segue a Brindisi, essendo la campagna in rete con altre realtà internazionali che lottano contro gli investimenti fossili, soprattutto quelli legati al gas metano e GNL.

Quasi ogni Stato europeo ormai, compreso lo Stato italiano, strumentalizzando il conflitto russo-ucraino, coltiva l’ambizione di diventare l’hub del gas dell’Europa se non del Mediterraneo.

Il conflitto tra Russia e Ucraina viene preso a pretesto per giustificare gli enormi investimenti sulle infrastrutture di trasporto del gas, in particolare del GNL.

Di fatto una “economia di guerra” fatta passare come indispensabile per il futuro energetico degli Stati europei, già clienti della Russia, e propagandata ipocritamente per diversificare gli approvvigionamenti di gas, ancora più marcatamente dopo il sabotaggio del Nord Stream, sabotaggio che sicuramente sarà stato funzionale a qualche interesse particolare.

A quasi un anno e mezzo dal conflitto non si avverte più tale esigenza, semmai ci sia stata, di porre rimedio alle forniture del gas russo.

Non ci vuole molto a capire che comunque il gas russo continua ad arrivare in Europa ed in Italia per effetto delle triangolazioni con gli Stati che non hanno aderito alle sanzioni alla Russia.

Basta prendere come esempio l’Azerbaijan, da cui parte il “famoso” quanto “inutile” gasdotto TAP che approda sulle coste salentine, che non ha aderito alle sanzioni contro la Russia e che si trova a essere rifornito da gas russo per bilanciare le già risicate” forniture verso l’Europa, attraverso il TAP, dai giacimenti di Shah Deniz, gestiti dal consorzio Socar nel quale, come tra i più importanti azionisti, troviamo la Lukoil ossia la più grande compagnia petrolifera privata russa.

Ricordando, appunto, che il TAP, attraverso il TANAP, passa per 2000 km in Turchia, altro Paese che non ha aderito alle sanzioni alla Russia.

Ecco perché non è convincente la spinta verso la costruzione in Europa, ma soprattutto in Italia, di nuovi gasdotti, nuovi rigassificatori e depositi di GNL nel momento storico in cui i consumi di gas sono costantemente in calo e nel momento in cui l’Europa ha assunto l’impegno di azzerare le emissioni climalteranti entro il 2050.

Ancora meno convincente è il fatto che queste infrastrutture vengano fatte passare per necessarie e strategiche per la diversificazione degli approvvigionamenti in chiave antirussa, tali da giustificare le spudorate semplificazioni per forzare gli iter autorizzativi che eludono le procedure di studio e verifica degli impatti sui territori.

Piombino è l’esempio lampante di una forzatura dell’iter autorizzativo dettata da una presunta necessità di far fronte alle forniture russe con l’ ubicazione nel porto di una nave rigassificatore a poche centinaia di metri dal centro abitato e dallo scalo dei traghetti per e dall’arcipelago toscano in barba alle valutazioni di impatto sulla sicurezza delle popolazioni e sugli effetti collaterali negativi sull’economia di un territorio già gravemente ferito dall’inquinamento ambientale dell’acciaieria.

Piombino è un’area SIN (sito di interesse nazionale per le bonifiche) come lo è Brindisi e come lo sono tanti altri territori italiani che per decenni hanno subito le devastazioni ambientali in nome del profitto.

Ma senz’altro deve essere per una particolare e clamorosa coincidenza che tutti questi progetti di impianti, rigassificatori, depositi costieri di GNL e GPL sono ubicati proprio nelle aree SIN, territori devastati ambientalmente che da anni attendono invano le bonifiche.

Il Cobas si farà promotore per costituire un comitato allargato a movimenti, associazioni, Enti e cittadini per il NO al deposito GNL, per il NO all’altra tegola che potrebbe cadere sul porto di Brindisi, ossia la vasca di colmata che di fatto è un ricettacolo di rifiuti di ogni genere provenienti dai dragaggi degli altri porti italiani, per avviare un percorso che porti alla vera bonifica dell’area SIN di Brindisi, compresa l’area di Cerano alla chiusura della centrale Federico II.

Il Cobas estende l’invito a partecipare il pomeriggio del 24 agosto a tutti coloro che hanno a cuore le sorti di questa città, affinché questa città si liberi finalmente dalle logiche industrialiste dei primi del ‘900, affinché questo territorio non sia più ostaggio del ricatto occupazionale funzionale a questo genere di investimenti anacronistici e fossili come la conversione a gas della centrale Enel di Cerano, sbandierata da sindacati e Confindustria come unica soluzione possibile di continuità occupazionale dopo la dismissione della centrale a carbone.

Il Cobas auspica infine che, finita nel migliore dei modi la vicenda del deposito GNL, la città di Brindisi prenda in considerazione l’esempio di “porto bene comune” di Civitavecchia, un porto avveniristico totalmente green, autonomo sotto il profilo elettrico e termico, con energie rinnovabili e idrogeno, capace di accumulare l’energia e utilizzarla quando necessario con tutti gli edifici alimentati da fonti rinnovabili: pannelli solari sulle superfici; impianti minieolici quali elementi di architettura urbanistica, eolico off-shore lontano nel mare; banchine elettrificate, navi alimentate da terra con energia sostenibile, solare, eolico, accumuli elettrici e idrogeno verde prodotto in loco; tutte le movimentazioni portuali, i rimorchiatori, le gru, le navette per turisti: tutto a zero emissioni.

Se è possibile a Civitavecchia sarà possibile anche a Brindisi.

Quella di Civitavecchia è una rivoluzione con l’obiettivo di estendere in futuro le stesse pratiche e la stessa modalità ovunque, a partire dai porti.

E il porto di Brindisi non può essere da meno visto che le due città sono gemellate per avere in comune i tragici destini di aver subito tutti gli effetti negativi sull’ambiente e sulla salute delle mega centrali a carbone.

 

per il COBAS Brindisi – Roberto Aprile e Cosimo Quaranta