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BRINDISI.Macchia: «Pronti alla sfida del Piano territoriale, ma sulla decarbonizzazione il governo non ha alcun piano: sblocchi almeno le autorizzazioni e i progetti già operativi»

Nemmeno un progetto finanziato, un percorso tracciato, un disegno di politica industriale. A distanza di oltre un anno dalla  sua istituzione e due riunioni all’attivo, è desolante doverlo ammettere, il Comitato per il Coordinamento della riconversione della centrale di Cerano a Brindisi non fornisce alcuna risposta concreta per il territorio. Anzi, ribalta il problema della fine dell’era del carbone su Brindisi a cui chiede, a tempo ormai scaduto, un «Piano territoriale» per fronteggiare il «phase out» dal carbone.

Nonostante già dal 2017 sia nota la decisione di chiudere le centrali termoelettriche, a otto anni di distanza, con la Centrale Federico II di Cerano già ferma – e con le drammatiche conseguenze occupazionali già evidenti agli occhi di tutti -, il Governo non ha ad oggi né un piano né una idea per risarcire Brindisi del disastro economico in arrivo. 

Dal Comitato per il Coordinamento della riconversione della centrale di Cerano riunito oggi a Roma ci aspettavamo delle risposte, una dimensione di fondi da stanziare per il territorio che ospita la centrale termoelettrica più grande d’Europa destinato alla  dismissione. E invece, dopo aver tagliato fuori Brindisi dal Just Transition Fund, dopo non aver pensato ad alcuna misura da destinare anche attraverso i fondi del Pnrr per la reindustrializzazione di un’area che ha dato tanto al Paese il Governo prende ancora tempo e chiede al territorio una «lista della spesa» fuori tempo massimo. 

Sono anni che la Camera del lavoro di Brindisi lancia allarmi sui fondi scippati, idee su un nuovo modello di sviluppo, invoca interventi per evitare l’implosione del sistema industriale di Brindisi. Dopo la riunione «beffa» del Comitato per il Coordinamento della riconversione della centrale di Cerano da cui non è emerso uno straccio di investimento pronto ed esigibile per Brindisi, la Cgil farà comunque la sua parte insieme agli altri stakeholders del territorio per costruire – come chiesto al sindaco del capoluogo messapico – un «Piano territoriale» per richiedere interventi urgenti. Nella speranza che si arrivi in tempi rapidi alla definizione del Piano, auspicando che le richieste del territorio si trasformino in progetti subito esigibili e coperti da congrui finanziamenti, chiediamo al Governo – dopo 8 anni di silenzi per Brindisi – di sbloccare immediatamente l’iter autorizzativo finanziando i progetti già pronti per essere cantierizzati per fronteggiare i contraccolpi della crisi economica e sociale già evidenti.

Chiediamo al Governo una priorità straordinaria per Brindisi per dare risposte rapide allo smantellamento in corso del settore energetico, ma anche di quello chimico e metalmeccanico che rischia di travolgere migliaia di famiglie. Chiediamo al governo un impegno tangibile per dare corso ad un Piano integrato della logistica per fare del porto di Brindisi la Piattaforma logistica del Mediterraneo ed un suo impegno sul fronte dei trasporti includendo il capoluogo nei piani dell’alta velocità e dell’alta capacità. E ancora un impegno concreto per la creazione di un polo delle rinnovabili con la creazione delle relative filiere per eolico, fotovoltaico e idrogeno verde, il tutto connesso allo sviluppo dell’Università e all’economia della conoscenza.

Dal Comitato per il Coordinamento della riconversione della centrale di Cerano ci attendevamo un pacchetto di misure pronte per Brindisi che non è arrivato. Come Cgil, lavoreremo senza sosta al Piano territoriale richiesto, ma non vorremmo che questo ennesimo sforzo si traduca nell’ennesima beffa ai danni di un territorio affamato di lavoro. Non vorremo, una volta pronto, sentirci rispondere che non ci sono fondi o che i tempi sono già scaduti. 

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