L’anno che sta per chiudersi ripropone per Brindisi, ancora  una volta, la questione-lavoro la quale per la Cisl costituisce emergenza assoluta che merita, mai come oggi, attenzione prioritaria a tutti i livelli istituzionali. 

La stessa priorità, quanto meno, che fu ad essa conferita quando la si scelse come realtà strategica sia per la chimica che per l’energia, insediandovi uno degli stabilimenti più importante della chimica nazionale, il  Petrolchimico della Montecatini e una delle centrali elettriche tra le più grandi d’Europa, la centrale Enel Federico II. 

Entrambi i settori produttivi hanno contribuito sostanzialmente al PIL nazionale tanto che a cavallo degli anni 90 l’Italia veniva definita la quarta potenza mondiale. 

Esagerazione o meno, il nostro PIL era in auge. 

Ovviamente, tanto è stato dato in termini di ricchezza al territorio, giacché solamente l’industria ha fatto alzare sostanzialmente il reddito di famiglie e imprese e, tuttavia, non va sottaciuto come a loro volta gli stessi impianti hanno assorbito tanto, in termini di risorse umane ed ambientali in proporzione alla grandezza di stabilimenti costruiti quando l’esigenza della crescita e dello sviluppo risultava essere la priorità del Paese. 

Bene, oggi alla vigilia del nuovo anno, gli ardori nazionali passati, per sviluppo e crescita, paiono cedere il posto a decrescita e depauperamento degli stessi impianti che pure hanno determinato, nel tempo, produttività, economia, occupazione e lavoro sul territorio. 

La chiusura di uno dei due siti della società Lyondell Basell, il P9T, con relativo rischio di perdita occupazionale a Brindisi e l’azzeramento della produzione della centrale Enel Federico II, come previsto dal programma nazionale del phase out dal carbone, rischiano di preludere a nostro avviso ad una preoccupante desertificazione occupazionale; la stessa che qui coinvolge già il mondo dell’appalto e dell’indotto, assai più di quello dei lavoratori diretti. 

A nostro avviso, assecondare le criticità produttive del settore industriale, per produzioni non più competitive o per ragioni di mercato, con la conseguente chiusura degli stessi impianti, anziché aggredire le novità e le transizioni in atto con investimenti in innovazione, ricerca, riconversioni tecnologiche e industriali, utilizzando anche incentivi pubblici nazionali ed europei, significa voler completamente snobbare il territorio, il suo sistema produttivo, i lavoratori e le lavoratrici e, persino, l’intero sistema istituzionale locale. 

Brindisi è, certamente, degna di essere ricompresa nelle reti transeuropee ma, prima ancora, merita essere riconsiderata nel quadro delle politiche industriali ed energetiche nazionali.

Insomma, prima ancora di rivendicare un posto in prima fila sulle reti TEN-T la città deve risultare appetibile ed attrattiva dal punto di vista infrastrutturale, energetico, logistico, produttivo.

E, soprattutto, più dinamica, aperta, flessibile dal punto di vista politico ed istituzionale. 

Ecco perché il nostro appello di fine anno alla politica senza distinzione di colori ed alle istituzioni, dai livelli locali a quelli nazionali, è che non si dimostrino omissivi verso realtà d’impresa che intendessero oggi togliere il disturbo, dopo aver raccolto tutto ciò potessero raccogliere, senza aver prima pensato ad un concreto progetto di reindustrializzazione che dia dignità al lavoro anziché denigrarlo o peggio ancora cancellarlo definitivamente e, paradossalmente,  programmando analoghi investimenti ma in altre parti del Paese. 

Come Cisl, insieme con tutte le nostre categorie che associano lavoratrici e lavoratori diretti e dei sistemi indotto e appalto, tanto nella centrale di Enel quanto nel Petrolchimico, utilizzeremo tutte le iniziative possibili affinché a Brindisi ed al suo territorio  vengano riconosciute l’attenzione e la dignità che meritano.

 Specie a partire dai piani industriali che, semmai ce ne fossero, non dovranno mai danneggiare lavoratrici e lavoratori ma, anzi, determinare occupazione buona e aggiuntiva.