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CONSIDERAZIONI E RIFLESSIONI SULLA COSTITUZIONE

Nota/editoriale di Antonio Peragine (direttore del Corriere Nazionale)

“Dico sempre che la costituzione chiede di essere amata e per essere amata ha bisogno di essere conosciuta. Bisogna poter sentire che quelle parole scritte rappresentano la vita mia, delle persone che mi sono care, delle persone che mi sono contro, la vita di ciascuno”.

Oscar Luigi Scàlfaro

È con queste parole, che mi rappresentano profondamente, che vorrei operare alcune considerazioni sulle prospettive di realizzazione umana e sociale che suscita la Costituzione. A tale osservazione ha fatto seguito una insistente evocazione di “maggiori diritti” e “più giustizia” alla quale, però, non ha corrisposto la necessaria consapevolezza sull’importanza dei valori costituzionali.

Alcuni valori come ad esempio la precedenza della persona umana rispetto allo Stato, i diritti di libertà, i diritti sociali e la limitazione del potere statale continuano ad avere, a distanza di più di mezzo secolo dalla loro formale statuizione, stringente attualità. Doveri, una parola poco conosciuta e da tutti ignorati. Diritti da molti conosciuta e da tutti invocati.

Oggi la società italiana è complessa, frammentata, policentrica, a stratificazioni multiple. Accettare e prendere coscienza di tale complessità, significa evitare di ripiegare su facili ed inutili semplificazioni anche con riferimento ai valori. Il confine rappresentato dai valori che il Testo Costituzionale enuncia è frutto di alcuni accadimenti storici, sociali, politici, etici, religiosi e giuridici.

Per tutti un esempio: l’importanza della persona umana, principio che ispira l’intera Costituzione italiana, è il nucleo/valore fondamentale, condiviso dai Costituenti cattolici e laici, redatto per invertire l’ordine posto dai regimi totalitario neri e rossi. Dall’importanza della persona umana, discendono “a cascata” le altre norme della Costituzione che disegnano un ordinamento libero e democratico. 

Ove, per assurdo, si volesse ritenere superato il valore della persona umana e della sua dignità in quanto essere preesistente alla Stato, verrebbe meno non un qualsiasi valore ma il fondamento della nostra civiltà democratica. Così anche il diritto alla vita diviene un valore parimenti irrinunciabile; tant’è che continuare ad agitarlo per difendere pretestuose posizioni politiche svilisce la garanzia accordata al bene fondamentale della vita, che è il primo dei diritti inviolabili dell’uomo riconosciuti dall’art. 2.

Così ad esempio sul dibattito sempre acceso, anche di recente con le dichiarazioni di Boccia, sono fermamente convinto che l’aborto sia un omicidio e non è lecito diventarne complici. Per questo serve l’obiezione di coscienza, che non è infedeltà, ma al contrario fedeltà alla professione medica, se validamente motivata, ma è anche vero che lo Stato ha il dovere della vicinanza alle donne affinché non si arrivi a pensare alla soluzione abortiva, perché in realtà non è la soluzione: anzi, è una ferita che ha un prezzo, tanto duro.

Così ad esempio, in riferimento al personaggio più discusso del momento, il generale Vannacci, ritengo che non ci sia uno spettro autoritario che si aggira per l’Italia. Semmai, Vannacci prende a cannonate il perbenismo e i veri o presunti paraocchi ideologici che spesso viziano il dibattito italiano, oserei dire che potrebbe rappresentare il pensiero della maggior parte delle persone che non osano esternare il proprio pensiero per timore di rappresaglie e critiche fuori posto. 

Le soluzioni di Vannacci possono essere discutibili, alcune decisamente fuori bersaglio, ma la sua analisi parte dall’osservazione di dati reali per andare verso il futuro senza tuttavia dimenticarsi i valori del passato (non dobbiamo mai dimenticare il nostro passato se vogliano parlare del presente e anche del futuro), Quelli più autentici e condivisi che rischiano di essere annacquati da uno storytelling artificiale, scollato dalla realtà.

Così ad esempio sul tema migranti credo che possa definirsi «un fallimento» la società multietnica. Un modello artificioso, proposto da chi è allergico alla meritocrazia – che invece, sottolinea, è da incentivare a prescindere da etnia, religione, orientamento sessuale – e accampa diritti solo sulla base di una appartenenza a questa o quella categoria. È quella che si chiama «la dittatura delle minoranze», che avrebbe prevaricato il concetto di democrazia, dove la maggioranza decide ed il resto si adegua.

Certo, di fronte ai problemi pressanti della guerra e della pace, dello sviluppo economico, del lavoro che manca, delle bollette del riscaldamento, simili problemi possono sembrare secondari, ma non è così, giacché i diritti costituzionali, la loro esigibilità, la loro evoluzione, e la capacità delle istituzioni di rispondere in modo flessibile e rapido alle esigenze della società civile sono problemi di tutti, che richiedono un’attenzione specifica ed informata da parte di tutti i cittadini.

Credo infatti che sarebbe un errore fatale verso le nuove generazioni far calare il velo della sfiducia su quanto è stato finora costruito e si dovrà ancora realizzare. Un sentimento generalizzato di sfiducia reciproca, degli uni contro gli altri, porta ad affievolire ogni valore, anche il più alto, rendendolo semplice mito e come tale soggetto al cambiamento e al relativismo. 

Una dialettica tutta concentrata sullo scandalo, sull’intrigo, sulla continua delegittimazione delle persone tende a mettere in ombra una parte di verità essenziale per la vita degli individui: la verità delle tante buone azioni che portano a progetti, esperienze e realizzazioni meritevoli del nostro convinto apprezzamento. Se ci sono errori vanno corretti, ma devono essere riconosciuti e valorizzati anche i risultati positivi conseguiti.

Anche nella vita pubblica, sono valori costituzionali tanto la disciplina e l’onore, come afferma l’art. 54 della Costituzione, quanto il rispetto. Verso le generazioni più giovani disciplina, onore e rispetto significano innanzitutto lotta al privilegio e ricerca del merito. Avere fiducia nel merito porta a riscoprire le risorse umane del Paese, che ci sono e possono portare a quel salto di qualità in grado di imprimere una svolta nella vita di ciascuno di noi.

Sostenere i capaci e i meritevoli è un dovere costituzionale e allo stesso tempo un principio di moralità pubblica che va sempre preservato. Il merito è per i giovani il riconoscimento del loro impegno, della loro passione civica, della loro forza, che è innanzitutto una forza morale, la capacità di pensare in grande. Una comunità ripiegata su stessa, incapace di alzare lo sguardo e valorizzare le forze giovani e vitali è una comunità che si spegne. Un patto tra generazioni richiede a tutti lo sforzo e il coraggio di sentirsi parte di un destino comune dove chi oggi ha deve garantire chi domani sarà.

 

Antonio Peragine

direttore@corrierenazionale.net

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