Con l’approssimarsi del G7 si intensifica a Brindisi la propaganda di guerra. Qualche giorno fa la Marina Militare ha collocato sulla facciata di un proprio sito in via Provinciale S. Vito due grandi teli che ritraggono  uomini e mezzi militari.

In particolare colpisce l’immagine di un gruppo di incursori del Battaglione San Marco ben equipaggiato e in armi, cosiddetti uomini alfa, che trasmettono sicurezza di sé, determinazione  e temerarietà. Dai loro volti non traspare  la paura di uccidere, né quella di essere uccisi.

Queste immaginiromanticizzano la guerra  presentandola come un’avventura che si può affrontare  a rischio zero  grazie alla sofisticazione e alla letalità  delle armi, al progresso tecnologico e al costante addestramento professionale. 

La realtà della guerra è diversa: chi la combatte, uomini e ormai anche molte donne, rischia la morte, o sopravvive con mutilazioni etraumi psicologici,  oppurecontrae gravimalattie,   come  successe ai militari italiani ammalatisi,e molti dei quali morti, a causa dell’uranio impoverito nelle guerre dei Balcani.

Da femministe denunciamo il sistema patriarcale e capitalista perché militarizza i territori, nel caso di Brindisi concede 500 metri di banchina a Costa Morena alla portaerei Trieste,  intensifica la corsa al riarmo con l’aumento delle spese militari a danno  delle spese sociali per istruzione, sanità, servizi di cura alle persone, trasporti, ridefinisce i ruoli di genere alle necessità della guerra a seconda dei contesti socio-culturali.

Pertanto, lo stesso sistemaappellandosi ai principi di uguaglianza e pari opportunità tra i generipromuove un sempre più ampio coinvolgimento delle donne negli scenari di guerra, anche per far fronte al calo di adesioni maschili; guerreimposteper primeggiaresui mercati mondiali dell’economia e spacciate comeunicostrumento per affrontare i conflitti geo-politici.

L’apparato militare  e la stessa NATOutilizzano  la retorica della parità di genere per  promuovere  l’adesione femminile alla carriera militare, valorizzando le cosiddette qualità femminili  (di intermediazione, relazionali) e intercettando ilbisogno  delle giovani donne di  professionalizzarsi, avere lavoro e reddito, realizzare progettisfidanti.

La presenza delle donne nelle forze armate e negli scenari di guerra non è  rassicurante, perché la guerra è esercizio gerarchizzato  della violenza,  deumanizzazione di sé e dell’altro, imposizione  della logica amico-nemico, distruzione e morte per le popolazioni civili, danni e contaminazione per l’ambiente.

La guerra non è l’empowerment delle donne. Infatti, nelle forze armate le donne arruolate per prime sperimentano la discriminazione di genere, le molestie  e la violenza sessuali. I casi più clamorosi sono avvenuti negli Stati Uniti dove le soldate sono state violentate e stalkerizzate da colleghi e da militaridi alto grado e  hanno dovuto lottare contro complicità diffuse per liberarsi dalla violenza.

Mettiamo in discussione  il modello di ruolo “militare in armi”  per uomini e donne approvato  dalla società e diamo valore politico ai movimenti e alle organizzazioni che sostengono l’obiezione di coscienza alla guerra (Russia,  Ucraina, Bielorussia, Israele).Rifiutiamo la società bellicista che espande la violenza a livello sociale e produce come conseguenza della guerra persone traumatizzate con disturbi mentali, disadattate ed incapaci di tornare a vivere in un contesto ordinario, aumento della violenza domestica, ecc.

Per questi motivi invitiamo a partecipare alle manifestazioni di protesta al G7:  a Brindisi il 13 giugno in piazza Vittoria alle ore 18 all’assemblea e alle ore 20 alla cena dei poveri; a Fasanoil 15 giugno  al corteo che partirà alle ore 15 da Piazza Palmina Martinelli.