(Uila Puglia), “Per sconfiggere il caporalato: partire dalle aziende sane e rinnovare subito i contratti di lavoro degli operai agricoli per aumentare salari e tutele”.
La Uila Puglia congiuntamente alle altre organizzazioni sindacali dei lavoratori e alle organizzazioni di rappresentanza delle imprese firmatarie del CCNL degli operai agricoli e florovivaisti, attraverso un documento congiunto, ha chiesto un incontro al Presidente della Regione Puglia Michele Emiliano al fine di attivare una strategia comune di contrasto al fenomeno del caporalato ed avviare un percorso collaborativo teso alla definizione di un Protocollo d’intesa in materia di contrasto allo sfruttamento lavorativo in agricoltura.
Nella missiva indirizzata al Governatore Emiliano ed inviata ad ARPAL, INPS, INAIL e ITL Pugliesi si è chiesta l’attivazione “di un percorso teso al rafforzamento dell’attività di incontro tra domanda e offerta di lavoro nel settore agricolo, contrastando così il lavoro sommerso e cogliendo le peculiarità del settore, con il coinvolgimento dell’ARPAL e degli Enti Bilaterali Agricoli Territoriali.
“Il fenomeno del caporalato è un argomento complesso e come tale va trattato, cercando di porre in essere azioni corali e strategie di medio/lungo termine che agiscano su più livelli e variabili – spiega il Segretario Generale Uila Puglia, Pietro Buongiorno – innanzitutto bisogna riflettere sul fatto che il fenomeno del caporalato non riguarda solo gli immigrati, ma anche i cittadini italiani. Dobbiamo agire, quindi, su un doppio livello, perché quando parliamo di lavoratori irregolari parliamo di gente che non è in possesso di documenti e di permesso di soggiorno. È chiaro quindi che il caporale riesce a far presa ponendo le sue condizioni, perché gli immigrati non hanno altre alternative e vengono quindi sfruttati con condizioni di lavoro pessime, orari disumani, paghe da fame e condizioni abitative e di sicurezza inaccettabili. Dall’altro lato anche i lavoratori italiani sono ostaggio di questi personaggi assoldati da aziende compiacenti in disprezzo alle leggi sociali e ai contratti di lavoro, che non solo si occupano di trovare una occupazione, ma mettono a disposizione i mezzi di trasporto per raggiungere i campi. In entrambi i casi il caporale soddisfa un bisogno di quelle aziende che competono in maniera impari con le tante aziende regolari presenti nella nostra regione, che sfruttano diverse condizioni ovvero: reperire in poco tempo manodopera sottopagata, costretta a rivolgersi caporali per lavorare con orari di lavoro spesso molto diversi dalle 6 ore e 30 previste dal contratto di lavoro”. Buongiorno, afferma: “Bisogna sicuramente inasprire i controlli, perché i mezzi dei caporali partono sempre dalle stesse piazze, percorrono le stesse strade e arrivano nelle stesse aziende. Certamente un ringraziamento va alle forze dell’ordine che presidiano il territorio, ma è necessario un rafforzamento in termini di uomini e mezzi per contrastare efficacemente il fenomeno. Sia chiaro – continua Buongiorno – come organizzazione sindacale non siamo sordi ai richiami di un giusto prezzo ai prodotti agricoli a dispetto di pratiche di svendita sottocosto della GdO, così come a livello europeo non ci sottraiamo alla nostra responsabilità di sensibilizzazione verso i policy maker nel contrastare il dumping sociale sui nostri prodotti, ma le aziende devono fare di più, non possono far leva solo sul costo del lavoro dipendente per far quadrare i conti. Su Le Monde nei giorni scorsi è stato pubblicato un dossier-inchiesta sulle condizioni nei campi di pomodoro marocchini con lavoratori costretti a lavorare per 12 ore a 8 euro al giorno e in quei casi non si parla di condotte eccezionali, bensì di normalità. Per questo prima parlavo di complessità del fenomeno: è troppo facile cadere nella trappola degli slogan quando parliamo di caporalato. E’ giusto che si parli di un maggiore controllo e di una maggiore presenza ispettiva attraverso un aumento della pianta organica degli enti preposti, è giusto che si parli di applicare la legge contro le pratiche sleali della distribuzione; ma ognuno, per la sua parte, deve fare di più: partiamo dal rinnovo dei Contratti provinciali di lavoro del settore agricolo scaduti il 31 dicembre scorso, le cui trattative in alcune province sono ferme al palo, restituendo dignità ai lavoratori del settore che più di altri hanno sentito sulla propria pelle l’aumento dell’inflazione. Per sconfiggere il caporalato dobbiamo partire dall’agricoltura sana del nostro territorio, valorizzando le professionalità dei lavoratori e aumentando i salari attraverso il rinnovo dei contratti di lavoro, per mettere all’angolo le aziende che sfruttano i lavoratori”.