La sanità pubblica ha ancora un ruolo? Strane dinamiche sulla vicenda, i parlamentari regionali nel silenzio assordante dicano qualcosa sulla legge Spacca Italia

Il pubblico deve essere committente o può essere erogatore di servizi universali al cittadino? E ancora, il pubblico può essere «padrone» in casa propria o deve abdicare alle proprie funzioni? E per quale motivo? Particolari situazioni quelle che si registrano attorno alla fondazione San Raffaele.

Prima il Tar di Lecce accoglie sino al 4 settembre prossimo la sospensione dell’internalizzazione del centro riabilitativo “San Raffaele” di Ceglie Messapica; poi il Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro per gli Affari Regionali e le Autonomie, Roberto Calderoli (il primo sostenitore dell’Autonomia differenziata), ha deliberato di impugnare la legge regionale della Puglia che prevede il passaggio della gestione della stessa struttura riabilitativa da privato a pubblico. La legge, approvata dalla maggioranza regionale, mira a riportare sotto il controllo pubblico un servizio essenziale per la salute dei cittadini, ma il governo ha deciso, invece, di intervenire provando a bloccare tale provvedimento per presunte violazioni normative.

Per la verità, ci sembra di assistere ad un atteggiamento totalmente schizofrenico da parte del governo che se da un lato accelera – dopo aver approvato il 26 giugno scorso – sull’applicazione della legge sull’Autonomia differenziata, dall’altro impugna il provvedimento della regione quando interviene in materia di sanità pubblica. 

Nella vicenda San Raffaele – come già evidenziato – c’è un tratto veramente paradossale: se la Asl e quindi la Regione ha una struttura di sua proprietà perché deve abdicare al proprio ruolo di poterla gestire direttamente? Che ruolo si vuole quindi dare al pubblico, quello di committente o di erogatore di servizi come dovrebbe essere? Intorno alla partita del San Raffaele ci sembra si stia giocando qualcosa di molto più grosso. Che tipo di sanità vogliamo per il futuro? È questo il punto! 

La vicenda del San Raffaele assume, pertanto, una importantissima rilevanza che ha una pluralità di implicazioni sul futuro complessivo del sistema sanitario di questo paese. Perché se passa la logica che la Pubblica amministrazione deve abdicare al proprio ruolo di erogatore diretto dei servizi pubblici, tanto più se rispondono a principi universali qual è il sistema sanitario, perfino quando le strutture interessate sono di proprietà pubblica, vuol dire che siamo giunti ad un punto di non ritorno in cui la “governance” viene consegnata al libero mercato.

Inoltre, deve essere posta a verifica – rispetto ad una serie di sopraggiunti elementi di novità che apprendiamo in queste ore dalla stampa (con riferimento tra l’altro ai protocolli sottoscritti in passato tra la ASL BR e l’attuale Ente gestore inerenti “…l’autorizzazione per i codici 56 dei posti non utilizzati per i codici 75”) – la conduzione della struttura San Raffaele nell’ottica di dare trasparenza amministrativa ad una gestione che viene garantita con finanze pubbliche. Si parla anche di problematiche legate all’efficienza e all’efficacia dei servizi offerti, elementi che richiedono una revisione attenta per garantire la qualità dell’assistenza sanitaria. È essenziale riconoscere e valorizzare il grande lavoro svolto da tutti gli operatori della struttura, che quotidianamente si impegnano per il benessere dei pazienti.

Invitiamo tutti i politici che si stanno affannando in una difesa strenua della precedente gestione a pronunciarsi apertamente sulle questioni cruciali e a dire chiaramente se preferiscono una sanità di impronta privatistica, cosa che ovviamente la Cgil respinge.

La classe politica dovrebbe esprimersi anche su cosa pensa di questa Autonomia differenziata, poiché finora abbiamo assistito solo a un assordante e preoccupante silenzio. È il momento di entrare nel merito delle questioni e di fare scelte chiare e trasparenti per il futuro della sanità pubblica. Anche in considerazione del fatto che i cittadini e soprattutto i lavoratori interessati hanno ben compreso le strategie adottate da alcuni che ricorrono a stucchevoli alchimie comunicative che nascondono eloquenti debolezze sostanziali nel provare a far credere di essere favorevoli all’internalizzazione del centro riabilitativo in questione quando invece da sempre sostengono l’attuale gestione privatistica per varie ragioni.

 

 

Antonio Macchia

Segretario Generale

Cgil Brindisi