Storicamente i cittadini di Brindisi hanno considerato il porto come elemento integrante della loro vita e, per quanto ho potuto vedere negli ultimi decenni, quando si parla di porto tutta la comunità, chi più chi meno, si sente coinvolta e ora grazie ai social tutti sentono il bisogno di intervenire. E’ un po’ come se si trattasse di un grande condominio e ognuno di noi volesse fornire il proprio apporto per migliorare la qualità di vita.
Sono trascorsi 30 anni da quando i porti italiani sono gestiti dalle Autorità Portuali che hanno il compito di gestire i beni comuni secondo un piano regolatore portuale, con una delega dallo Stato, cui appartiene la proprietà delle aree affidate. A Brindisi, unitamente ad altri porti maggiori, venne istituita l’Autorità Portuale tra i quali organi esisteva il Comitato Portuale composto da una larga rappresentanza di tutte le istituzioni locali, provinciali, regionali, sindacali e associazioni di categoria. Un organismo esecutivo di ben 21 elementi all’interno del quale ogni argomento sottoposto alla delibera era democraticamente discusso, anche pubblicamente quando di importante rilevanza. Tutto questo non era sempre visto di buon occhio da tutti i presidenti delle Autorità, alcuni dei quali probabilmente avrebbero voluto una maggiore indipendenza su alcune scelte senza dover essere costretti a confrontarsi con una collettività. E così nel 2016 il ministro Del Rio creò un ‘riordino’ portuale sull’idea che i singoli porti dovessero essere gestiti non più secondo un interesse locale ma secondo una gestione decisa e solo teoricamente coordinata dall’alto ma sopratutto trasformandosi in ‘Sistema’ con altri porti, spesso concorrenti. 
Nascono le Autorità di Sistema Portuale che includono più porti dell’area.
E i vecchi comitati portuali che rappresentavano gli interessi del singolo porto si sono trasformati in piccoli comitati ‘di gestione’ le cui scelte sono prese da 3 o 4 persone, spesso con poca conoscenza dei fatti e che quindi si limitano ad approvare quanto proposto dal presidente del ‘sistema’.
Una riforma fallita nei fatti perché il sistema non ha funzionato, il coordinamento centrale non è mai avvenuto, le vecchie autorità portuali non sono state chiuse (come ogni ente pubblico che si rispetta in Italia) e spesso sono diventate carrozzoni costosissimi che hanno l’unico obiettivo riuscire ad incassare dall’utenza quanto più possibile solo per riuscire a pagare i costi del carrozzone, i tanti onerosi stipendi e premi dei dipendenti (molti nulla facenti).
E’ accaduto che la vecchia e florida Autorità Portuale di Brindisi sia diventata, a causa di questa scellerata riforma, una dipendenza dell’autorità di sistema portuale che sulla carta è definita “del mar adriatico meridionale” ma che in realtà è di Bari.
La sede è a Bari, l’ufficio di presidenza è a Bari (e il presidente, ora dimessosi, è di Bari), la direzione generale è a Bari, l’ufficio tecnico e di progettazione è a Bari. Il commissario ha il suo ufficio del comando marittimo a Bari.
E Brindisi in questa riforma è stata ‘sfortunata’ perché i tanti milioni di avanzi di bilancio accumulati dal porto di Brindisi negli anni grazie al carbone sono stati spesi ormai a Bari con l’alibi che a Brindisi, a causa delle indagini della magistratura e del partito del ‘no’ , non si sono potuti investire. E quindi due terminal crociere a Bari e a Brindisi un tendone in piena zona industriale. 
E le scelte riguardanti il porto di Brindisi?
Una concessione in esclusiva per 30 anni ad un armatore come MSC che avrà il solo interesse di consolidare il proprio traffico su Bari dove esistono le infrastrutture e che a Brindisi, non esistendo banchine né terminal né servizi per i crocieristi non consentirà che il porto si sviluppi sul fronte crociere e che quindi diventi un temuto concorrente del porto di Bari e di conseguenza suo.
Si, perché a Brindisi non esiste alcun terminal né è in progetto. A Bari esiste un terminal crociere (tra poco due) e due terminal traghetti.
Ma il punto politico è un altro. Questa concessione avrà un impatto per i prossimi 30 anni. C’è qualcuno a Brindisi che sia stato coinvolto in questa scelta? I politici e le istituzioni hanno espresso un loro parere ed è stata loro sottoposta una seppur minima idea progettuale?
Il rappresentante del Comune di Brindisi in seno al comitato di gestione come si è espresso? Con chi si è confrontato?
Ora sembra che tutto sia legato alla presunta legittimità della richiesta, visto che in una prima fase l’avvocato dell’ente ha fornito un parere negativo chiedendo di effettuare una gara anziché dare una così lunga concessione di servizi (e non solo demaniale) su semplice richiesta. Il problema, a mio parere, è l’assoluta mancanza di una valutazione strategica e di impatto economico nel territorio che una scelta del genere potrebbe causare.
Oggi tutte le istituzioni cittadine, a partire dal parlamentare D’Attis, al Sindaco e a terminare con il presidente di Confindustria Brindisi Gabriele Lippolis, sono in prima fila per intervenire alla presentazione di un libro del responsabile delle relazioni istituzionali di MSC Luigi Merlo. Una strana coincidenza direi. O forse una scelta già presa a tavolino, tutti prostrati verso un potere forte? 
Tanto forte che a Genova si è visto cosa è riuscito a mettere in campo…
Si proceda, invece, con una regolare gara, invitando a partecipare anche terminalisti “puri” che, non avendo una propria flotta, sono in grado di favorire l’arrivo a Brindisi di nuove compagnie di navigazione.
 
Michelangelo Greco – consigliere comunale