Il Sinagi ha dichiarato lo stato di agitazione della categoria decidendo anche un pacchetto di 8 giornate di chiusura, la prima delle quali è stabilita per lunedì 1° dicembre dalle ore 8 del mattino a fine giornata.


La motivazione di questa sofferta decisione è conseguente all’assenza di disponibilità da parte del Governo nel riconfermare la validità delle norme contenute nel decreto legislativo 170/2001. Una disponibilità invece già confermata dal precedente Governo Letta che a tal proposito aveva presentato un disegno di legge collegato alla legge di stabilità del 2013.
Quando si parla di liberalizzazione della rete di vendita, senza alcuna regole o limitazioni, mantenendo però l’obbligo della parità di trattamento, si delinea con chiarezza la volontà politica di annientare un’intera categoria, di promuovere il fallimento di migliaia di micro aziende e di mandare sul lastrico un numero ancora più elevato di famiglie, oltre a ridurre la funzione dei giornali quotidiani e periodici da strumento di informazione pluralista, e quindi un “bene comune”, a mero prodotto commerciale.
Per queste ragioni si deve evidenziare all’opinione pubblica che una eventuale liberalizzazione della rete di vendita metterà immediatamente in discussione l’attuale obbligo di parità di trattamento per tutte le testate quotidiane e periodiche, e che questo potrebbe limitare il libero accesso dell’informazione pluralistica alla nostra rete di vendita.
Ad aggravare questa situazione, c’è la totale indisponibilità da parte della Federazione Editori a rinnovare un accordo Nazionale scaduto da ormai 5 anni. A nulla è valso avanzare proposte, richiedere ripetutamente incontri, offrire disponibilità per ridisegnare un contratto totalmente diverso e al passo con i tempi. Da parte editoriale il nulla, silenzio assoluto, intanto quasi dodicimila edicole su quarantamila hanno chiuso per sempre, nonostante le innumerevoli denunce che nessuno ha pensato minimamente di raccogliere. Questa è la strada che la categoria è costretta a percorrere di fronte alla evidente volontà del Governo e del mondo editoriale di cancellarla completamente.